I ragni colossali
Bisogna superare Pescara e Francavilla, scendendo verso sud. Lungo quel tratto del litorale abruzzese, tra Ortona e Vasto, ecco apparire come sentinelle sul mare i celebri trabocchi. D’Annunzio li contemplava al risveglio - “ragni colossali” - dal suo eremo a picco sull’acqua. Un casale affittato grazie al pittore Michetti in contrada delle Portelle a San Vito Chietino, dove passò l’estate del 1889 con l’amante Barbara Leoni, ‘Barbarella la romana’. In quel punto, sotto il promontorio, c’è ancora il trabocco Turchino descritto nel Trionfo della morte come una di quelle “macchine che parevano dotate di vita propria”.
Icona letteraria, il trabocco è stato per secoli il sostegno di generazioni di pescatori. Uno dei più antichi documenti sulla loro presenza nella zona risale al Quattrocento: un’opera religiosa che racconta la vita di Pietro da Morrone, l’uomo che divenne Papa Celestino V e poi lasciò il sacro soglio opponendo il gran rifiuto. Il frate eremita era vissuto attorno al 1240 nel monastero di San Giovanni in Venere. Così narrava il documento che lo riguarda: “Più che il mare calmo, che luccicava sotto il sole della tarda mattina, punteggiato dai trabocchi posti come vedette verso il confine del cielo, mi colpiva la grande Badia. Era la cosa più bella che avessi mai visto”.
Dal trabocco Pesce Palombo a quello Punta Cavalluccio, sono una trentina le palafitte che spuntano dal mare. Esili e resistenti, fragili ma invulnerabili. La metà è stata riconvertita alla cucina durante la stagione estiva: non è facile prenotare, specie per l’ora di cena, ma vale la pena provare. Mangiare sulla piattaforma è esperienza memorabile. Anche perché la Costa dei trabocchi - stesa su sessanta chilometri che abbracciano i comuni di San Vito, Fossacesia, Rocca San Giovanni, Torino di Sangro, Vasto, San Salvo - è entrata nel suggestivo percorso della grande pista ciclabile adriatica lunga 131 chilometri: a partire da Martinsicuro, nel Teramano, più a nord. Il tratto, tutto pianeggiante, si snoda tra costa e pineta lungo scorci di straordinaria bellezza. Si tratta di un progetto avviato nel 2006 e svolto in parallelo allo smantellamento della ferrovia che correva a due passi dalla spiaggia: in piedi sono rimasti solo ponti e gallerie, esempio di archeologia industriale saggiamente riconvertita. Tanto che l’opera ultra-ecologica ha portato in dote all’Abruzzo nel 2020 l’Italian Green Road Award: l’Oscar del cicloturismo.