Sabato 23 Novembre 2024
GABRIELE MORONI
Quotidiano Nazionale

Il papà di Sharon Verzeni: “Mia figlia non aveva nemici”. I carabinieri convocano per la terza volta il compagno Sergio Ruocco

La rabbia e il dolore del fratello della giovane donna: “Dall’assassino voglio solo sapere perché”. Testa del Dna a tappeto, si attendono ora i risultati

Sharon Verzeni e il compagno Sergio Ruocco (a sinistra), i genitori della ragazza (a destra)

I genitori di Sharon con il figlio Christopher a destra e Sergio Ruocco a sinistra

Terno d’Isola (Bergamo), 17 agosto 2024 – Se potesse parlare all’assassino di sua sorella, cosa gli direbbe? “Voglio solo sapere perché ha ucciso Sharon”. Dalla villetta di Bottanuco la voce fresca di Christopher, il fratello 23enne di Sharon Verzeni. I genitori, impegnati in una disperata ricerca di normalità, sono fuori per la spesa. Rincasano più tardi. Papà Bruno è cortese come sempre. Le domande per lui sono le solite, quelle che si rincorrono dalla notte fra il 29 e il 30 luglio, l’incontro di Sharon con l’assassino in via Castegnate a Terno d’Isola, le quattro coltellate che hanno lacerato la sua vita di 33 anni.

Bruno Verzeni, ha un appello da rivolgere?

“Lascio fare agli inquirenti perché sono loro che devono agire e sanno come agire”.

Sua figlia aveva nemici? C’era qualcuno che poteva volerle male?

“Non penso che abbia mai avuto nemici in vita sua. Questo è scontato”.

Crede che la raccolta dei Dna possa risultare utile?

“Spero che possa aiutare, va bene qualsiasi cosa che possa aiutare”. Sergio Ruocco, il compagno di Sharon, è sempre ospite dei Verzeni. Se emergessero elementi nuovi, nei prossimi giorni l’idraulico 38enne potrebbe essere sentito per la terza volta come persona informata sui fatti. È già stato ascoltato la notte dell’omicidio e qualche giorno fa per cinque ore. Non è indagato. Il suo alibi è stato confermato dalle telecamere: quella notte non è mai uscito dall’appartamento di via Merelli, a Terno d’Isola, che da tre anni divideva con Sharon.

Le indagini si muovono fra molte strettoie. Gli esperti del Ris di Parma lavorano sui vestiti della vittima, i coltelli sequestrati, le cuffiette con cui quella sera Sharon ascoltava musica, le macchie di sangue rimaste nel luogo dell’aggressione. Decine e decine di abitanti di via Castegnate e dintorni sono stati ascoltati, ma da nessuno sarebbe arrivato un contributo significativo. L’omicidio non ha avuto testimoni oculari, tutti coloro che sono intervenuti lo hanno fatto dopo la fuga dell’assassino. Dal controllo di oltre cento ore di filmato all’esame del Ros starebbero emergendo elementi “utili”. 

La soluzione attesa dalla ricerca del Dna

La raccolta dei tamponi salivari per il Dna è stata avviata e prosegue, per ora, “a campione”. In un secondo tempo, soprattutto dopo i responsi del Ris, si valuterà se sarà necessaria una profilazione massiva, come avvenne nelle indagini per l’omicidio di Yara Gambirasio che portarono all’arresto di Massimo Bossetti. In questo caso verranno acquisiti i reperti biologici degli abitanti di via Castegnate e del circondario, non solo uomini ma anche donne. Per ora sono stati prelevati i tamponi delle persone che nell’immediatezza si sono ritrovate sul luogo del delitto e che potrebbero avere involontariamente inquinato la scena, come i primi due soccorritori di Sharon e il personale del 118. Passanti i cui cellulari hanno agganciato la cella telefonica che copre la zona nei momenti in cui è stato consumato l’omicidio. Pregiudicati, elementi ritenuti meritevoli di interesse investigativo, sbandati e senza fissa dimora.