
"In cambio dell’Ucraina nella Nato". E invoca l’aiuto di Stati Uniti e Ue. .
di Marta OttavianiROMAAlla vigilia del terzo anniversario dell’invasione del suo Paese, il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, tenta il tutto per tutto e offre sul piatto le sue dimissioni, a patto che Kiev entri subito nella Nato. "Se serve che lasci questa sedia, sono pronto a farlo e posso anche scambiare la mia posizione con l’adesione dell’Ucraina alla Nato", ha spiegato il presidente rispondendo ad alcune domande a margine del forum ‘Ucraina 2025’. E ha aggiunto che sarebbe felice di rinunciare alla presidenza se questa fosse per la pace dell’Ucraina. Subito dopo, Zelensky si è rivolto all’Unione Europea e non lo ha fatto certo a caso. Oggi la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e il premier spagnolo, Pedro Sánchez, sono presenti nella capitale ucraina. "Abbiamo bisogno di una partnership, abbiamo bisogno di aiuto, ma non possiamo perdere la nostra indipendenza, non possiamo perdere la nostra dignità", ha detto il leader ucraino, in quello che sembra quasi l’ultimo appello disperato.
Il prossimo 6 marzo è stato convocato un Consiglio europeo straordinario. Ma il presidente americano, Donald Trump, va avanti per la sua strada e configura quella che per Kiev, più che una mediazione, sarebbe una resa senza condizioni. Con l’intento di far mettere a Washington le mani sulle poche miniere rimaste sotto il controllo ucraino. Dall’Europa, le rassicurazioni, almeno a parole, continuano ad arrivare. La numero uno della Commissione, von der Leyen, ha detto di aver sentito il premier inglese, Keir Starmer, e il presidente francese, Emmanuel Macron. "Abbiamo discusso del nostro incrollabile sostegno all’Ucraina, dal punto di vista finanziario e militare", ha scritto la presidente su X. "Abbiamo condiviso gli aggiornamenti sui nostri contatti con i partner statunitensi e discusso i piani per la difesa e la sicurezza del nostro continente".
Il punto, però, è come andare avanti senza l’appoggio Usa. Zelensky non demorde e vuole incontrare Donald Trump prima che questo incontri l’omologo russo. Per un leader pronto a lasciare per il suo Paese, ce n’è un altro che non non smette di farsi rieleggere a suon di brogli in assenza di una reale opposizione. Adesso Vladimir Putin si considera anche una specie di unto del Signore. In occasione del Giorno dei Difensori della Patria, il numero uno del Cremlino ha fatto dichiarazioni all’insegna del patriottismo. "Lo ha voluto il destino, è stata la volontà di Dio, si potrebbe persino dire che una missione così difficile ma onorevole è ricaduta sulle nostre spalle: difendere la Russia", ha detto, parlando al plurale come un vero monarca assoluto. "Stiamo lottando per la nostra patria e faremo di tutto, voi e coloro che vi sono vicini, faremo tutti di tutto per trasmetterla alle generazioni future, ai nostri figli, ai nostri nipoti".
Intanto, la vigilia del terzo anniversario dall’inizio del conflitto ha visto un massiccio bombardamento sulla regione di Kiev. Secondo il ministero della Difesa ucraino, nella notte fra sabato e domenica sono stati lanciati 267 droni, i micidiali Shahed iraniani. Un bombardamento fra i più cruenti dall’inizio dell’invasione. La contraerea è riuscita a intercettarne 119. Segno che le difese antiaeree ci sono, ma non sono sufficienti. E se il sostegno militare degli Usa venisse a mancare, il Paese sarebbe ancora più vulnerabile.