Mosca, 16 febbraio 2024 – Un amore durato un quarto di secolo, tra politica, intimidazioni e carcere: quella di Alexei Navalny e Yulia Navalnaya è una storia travagliata. Si sono conosciuti nel 1998 durante una vacanza in Turchia: coincidenza ha voluto che entrambi fossero di Mosca, e così la simpatia iniziale ha potuto tramutarsi in una relazione, che nel 2000 è stata suggellata dal matrimonio. La coppia ha due figli: Daria detta ‘Dasha’, nata nel 2001 e Zakhar, classe 2008.
Yulia Abrosimova – questo il cognome da nubile – è nata nel 1976 a Mosca, figlia di una dipendente statale e dello scienziato Boris, deceduto nel 1996. Proprio la figura del suocero di Navalny – tra l’altro da lui mai conosciuto – sarà causa di un attacco al dissidente e alla sua famiglia: il giornalista Oleg Kashin ha infatti accusato Yulia di essere in realtà figlia di un altro Boris Abrosimov, omonimo del padre, e segretario dell’ambasciata russa a Londra, parte dell’establishment statale. Per spegnere lo scomodo rumor, Navalny ha pubblicato il certificato di morte del vero papà di sua moglie.
Pur non impegnandosi in politica in modo esplicito, Navalnaya si è sempre mostrata a fianco del marito, prendendo anche parola a diversi eventi e militando con lui nel partito Yabloko. Tutto ciò le è valso il soprannome di ‘first lady dell’opposizione russa’ e il titolo di 67ª donna più influente del Paese nel 2015. Quando Alexei è stato avvelenato col novichok nel 2020, iniziando a svilupparne i sintomi durante un volo da Tomsk a Mosca, Yulia era con lui. Ed è qui che la donna si è ritagliata un ruolo più di primo piano, lottando per la sopravvivenza del marito e la giustizia e nei suoi confronti: Navalnaya ha apertamente accusato il medico russo Leonid Roshal – che aveva dichiarato di non aver riscontrato tracce di veleno nell’organismo del dissidente, fatto poi smentito dai dottori tedeschi – di essere “non un dottore, ma la voce dello Stato”. Si è quindi battuta per ottenere il trasferimento del marito dall’ospedale di Omsk alla Charité di Berlino, struttura più equipaggiata e ‘indipendente’. Dopo le cure dei medici tedeschi, uno dei primi messaggi di Navalny è stato: “Yulia, mi hai salvato”. La forza dimostrata da Navalnaya nei difficili mesi seguenti all’avvelenamento le è valso il premio di ‘Eroe dell’anno’ della Novaya Gazeta.
Nel 2021, Alexei è stato arrestato appena arrivato all’aeroporto di Sheremetyevo, al suo rientro dopo la degenza in Germania. L’accusa era di non aver rispettato l’obbligo di firma in relazione a una precedente sentenza di appropriazione indebita, da molti giudicata come motivata politicamente. Da quel momento in poi, Navalny non è mai tornato in libertà, venendo persino trasferito in un centro di detenzione speciale in Siberia. Yulia è quindi scesa in piazza insieme agli altri russi che chiedevano la scarcerazione del dissidente: “Alexei non ha paura, io non ho paura, ed esorto ognuno di voi a non avere paura”, aveva detto a una delle manifestazioni.
Dopo essere diventata la figura di riferimento per i sostenitori del marito, Navalnaya stessa è entrata nel mirino delle autorità e dei media filo-Putin. L’emittente Tsargrad Tv ha minacciato di pubblicare le conversazioni ‘intime’ tra Alexei e altre donne, a patto che lei non divenisse “la nuova Tsikhanouskaya”, facendo riferimento alla leader dell’opposizione bielorussa, salita a tale incarico dopo l’arresto del marito. Ma ciò non ha fermato Yulia Navalnaya, che oggi non ha tardato a puntare il dito contro chi, a suo avviso, è il responsabile della morte del suo compagno di vita: “Se è vero, voglio che Putin, il suo entourage, gli amici di Putin e il suo governo sappiano che saranno ritenuti responsabili per ciò che hanno fatto al nostro Paese, alla mia famiglia e a mio marito. E quel giorno arriverà molto presto”, ha dichiarato oggi durante la conferenza sulla sicurezza di Monaco. La donna ha invitato a non dare per certa la notizia della scomparsa di Navalny: “I media ufficiali mentono sempre”, ha ricordato. “Ho pensato: 'devo stare qui davanti a voi o devo tornare dai miei figli?’” – ha raccontato Yulia ai partecipanti della conferenza – E poi ho pensato: 'cosa avrebbe fatto Alexei al mio posto'? E sono sicura che sarebbe rimasto”. Una frase che potrebbe effettivamente elevare Navalnaya alla ‘Tikhanouskaya russa’.
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