di Marta OttavianiROMAA pochi giorni dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il premier ucraino, Volodymyr Zelensky, spera che il tycoon possa davvero porre fine alla guerra che il prossimo 24 febbraio entrerà nel suo quarto anno. La tensione però a Kiev non accenna a diminuire e ieri ha toccato da vicino anche il premier britannico Keir Starmer e il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, entrambi nel Paese in visita ufficiale. Diverse esplosioni sono state udite a circa 700-800 metri dal luogo in cui si tenevano gli incontri istituzionali. La sicurezza dei due politici non è mai stata messa a rischio, ma l’accaduto è l’ennesima dimostrazione del fatto che Mosca non intende demordere. Motivo in più, per il numero uno di Londra, per non lasciare sola l’Ucraina.
Durante l’incontro con il presidente Volodymyr Zelensky, Starmer ha firmato un trattato bilaterale della durata di 100 anni. Un chiaro messaggio per Trump e per l’Unione Europea sul fatto che la politica del Regno Unito sull’Ucraina non cambia. "Il Regno Unito e l’Ucraina – si legge in una nota di Downing Street – hanno firmato una storica partnership lunga 100 anni per approfondire i legami in materia di sicurezza e rafforzare il nostro legame per le generazioni future".
Anche l’Italia ha fatto sentire la sua presenza. Il ministro Crosetto è stato impegnato in una serie di incontri istituzionali, durante i quali ha anche ricevuto i ringraziamenti da parte del governo di Kiev, per i sistemi di difesa forniti da Roma e che hanno permesso all’Ucraina di intercettare una parte degli attacchi russi. Crosetto, che ha incontrato il ministro delle Industrie Strategiche, Herman Smetain, ha definito la visita "un’occasione di dialogo su una collaborazione tecnica anche nel settore industria della difesa". Il ministro ha anche chiarito che "la ricostruzione del Paese, alla fine del conflitto, sarà di fondamentale importanza e l’Italia può contribuire con strumenti ed eccellenze di cui il nostro Paese dispone". Il governo Meloni, insomma, guarda avanti.
Ma la guerra non è ancora finita. I bombardamenti continuano da entrambe le parti. Ieri Kiev ha annunciato di avere colpito una fabbrica di polvere da sparo che aveva aumentato molto la sua attività dall’inizio della guerra e un deposito di petrolio che veniva utilizzato dall’esercito russo. Lo sanno bene Francia e Norvegia che, proprio ieri, hanno confermato il calendario di consegna a Kiev di un numero imprecisato di caccia Mirage 2000-5, che arriveranno in Ucraina entro il primo trimestre di quest’anno.
Le minacce non arrivano solo dal cielo, ma anche dal fondo del mare. I danni ai cavi sottomarini rappresentano una frontiera di conflitto. Un report dell’intelligence finlandese ha rivelato che Mosca ha intenzione di riorganizzare l’esercito entro il 2026, segno che le prospettive di pace potrebbero non essere durature e che l’Artico è sicuramente la regione sulla quale la Russia intende puntare maggiormente. Per questo Oslo ha chiesto a Kiev di collaborare anche per fronteggiare questo tipo di minaccia.
Mosca fa quello che le viene meglio: nega. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zacharova, ha accusato l’Occidente di non avere prove per inchiodare Mosca e dimostrare che è l’autrice dei sabotaggi dei cavi sottomarini. "Il vero scopo è limitare le esportazioni di petrolio russo e preparare restrizioni arbitrarie alla navigazione internazionale nel Mar Baltico" ha detto Zacharova. Non hanno ancora finito una guerra, che già pensano alla prossima. Intanto, nel Kursk le truppe di Kiev hanno rivendicato la cattura di 27 soldati russi, mentre secondo la Nato un terzo dei soldati nordcoreani inviati nella regione per assistere i russi sono stati uccisi o feriti dagli ucraini.