Domenica 24 Novembre 2024
GIOVANNI PANETTIERE
Esteri

Da Viganò a Gaenswein, il Papa alla resa dei conti (ad alto rischio) per il futuro della Chiesa

Processo senza sconti, ma scontato per l’arcivescovo italiano accusato di scisma: è a un passo dalla scomunica e dall’essere spretato. L’ex segretario di Benedetto XVI torna in gioco, anche se dirottato nei Paesi baltici. Le manovre di Bergoglio per una successione il più possibile conforme alla sua linea riformista tra silenzi e malumori celati a dovere

Roma, 27 giugno 2024 – Processi senza sconti, trasferimenti in periferia, stipendi revocati e reprimende in pubblica piazza. In pratica, l’87enne papa Francesco i suoi più strenui oppositori li sta mettendo in fuorigioco uno dopo l’altro. E, quando non ci arriva lui direttamente, è Madre Natura a corrergli in soccorso, come nel caso del cardinale George Pell, autore, prima di passare a miglior vita un anno fa, di un memorandum in cui, sotto lo pseudonimo di Demos, definiva “catastrofico“ il pontificato argentino.

Papa Francesco, 87 anni, lavora in silenzio per la sua successione
Papa Francesco, 87 anni, lavora in silenzio per la sua successione

Repulisti con vista Conclave

Venuto meno lo schermo morale del predecessore Benedetto XVI, Bergoglio sta stringendo le maglie attorno alla fronda ultraconservatrice che in questi dieci anni di pontificato ha ostacolato il suo intricato cammino di riforme. Il redde rationem non sembra indirizzato tanto a preparare le prossime mosse di un papato che, complice l’età e lo stato di salute del timoniere, procede sempre più a fiammate, quanto piuttosto a favorirne la successione, marginalizzando i nemici. In un’ottica, se non di piena continuità – le quotazioni a riguardo sono calcolate al ribasso dai bookmaker vaticani –, almeno di placida transizione per gli eredi della linea della sinodalità e del discernimento instradata da Francesco.

Da Burke a Sarah, la lista dei messi in fuorigioco

Per questo tutti i nodi stanno venendo al pettine. Prima il Papa ha sfrattato e lasciato senza ’piatto cardinalizio’ – pari a 5mila euro mensili – il porporato americano Raymond Burke, oppositore giurato della conversione sinodale della Chiesa, poi ha confidato urbi et orbi – nel libro-intervista ‘Il successore’ (Marsilio) di Javier Brocal – il suo pentimento per aver nominato il cardinale Robert Sarah al vertice del Dicastero per la Liturgia in quanto l’alto prelato si sarebbe fatto manipolare da gruppi separatisti. Infine Bergoglio si è concentrato sugli arcivescovi Georg Gänswein e Carlo Maria Viganò.

Il processo a Viganò e la scomunica automatica

L’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, originario di Varese, è stato accusato di scisma in un processo penale canonico extragiudiziale. Un procedimento “farsa“ per lo stesso Viganò che ha deciso di non comparire all’udienza di domani, ultima data utile per approntare la sua difesa davanti al Dicastero per la dottrina della fede competente per i delicta graviora. L’arcivescovo pro Trump, no Vax e ostile al Concilio Vaticano II, che nel 2018 accusò il Papa di aver coperto il cardinale pedofilo Theodore McCarrick fino a chiederne le dimissioni, ha ribadito nelle ultime ore che non riconosce l’autorità né del prefetto dell’Ex Sant’Uffizio, né del Papa. Sedevacantista era e sedevacantista rimane anche adesso che per l’imputazione di scisma – attentato all’unità della Chiesa nella carità – rischia la scomunica ex canone 1367 del Codice di diritto canonico.

L’abito talare in bilico

Per la verità, Viganò sarebbe già fuori dalla comunione ecclesiale, come spiega Pierluigi Consorti, ordinario di Diritto Canonico all’Università di Pisa e presidente emerito dei canonisti italiani: “Si tratta di una scomunica latae sententiae, automatica, sicché la questione a questo punto è legata ad una sorta di comunicazione ufficiale della Santa Sede dell’avvenuta esclusione dalla Chiesa. Se è poi vero che Viganò si è fatto riconsacrare da un vescovo non cattolico, anche per questo delitto è da ritenersi scomunicato latae sententiae, ex canone 1387“. E non è tutto. L’ex nunzio apostolico potrebbe anche essere dimesso dallo stato clericale. “Questa possibilità è prevista per i casi più gravi dall’art. 7 delle Norme sui Delitti riservati al Dicastero per la dottrina della fede“, chiarisce don Davide Cito, professore di Diritto penale canonico alla Pontificia Università della Santa Croce di cui è vice rettore. Per Viganò il decreto di condanna appare pressoché scontato. Se poi sarà scomunicato da prete (o meno), si vedrà.

Gaenswein, un rientro ai margini del potere

Ad essere conclusa è, invece, la querelle Gänswein. L’ex segretario particolare di Benedetto XVI è stato nominato nunzio apostolico in Lettonia, Estonia e Lituania. Il Papa l’aveva ’parcheggiato’ in Germania senza un incarico specifico dopo le sue esternazioni su presunti dissidi fra Ratzinger e Francesco. Gänswein riacquista un ruolo nell’organigramma ecclesiale, può spendersi ai confini dell’Europa per evitare un tragico allargamento del conflitto a Est, ma fonti vicine al Vaticano precisano che, archiviata suo malgrado la vita nella Città eterna, l’ex prefetto della Casa pontificia avrebbe preferito una cattedra universitaria o la guida di una diocesi tedesca.

I rischi del repulisti

Per chi è sospettato di tramare in Vaticano è tempo di guardarsi alle spalle. Francesco sollecita il dibattito, non lo spaventa l’emergere di punti di vista differenti, esorta sempre tutti al discernimento. Solo non sopporta maldicenze e sotterfugi. Ma non è detto che il suo repulisti sortisca il risultato sperato. Allontanare e fare la voce grossa con i più strenui oppositori può minare le linee di collegamento dell’ultradestra cattolica. Tuttavia, dentro e fuori il Conclave, è lunga la fila di chi asseconda i dettami del Papa, masticando amaro. E nella consapevolezza che adda passà ‘a nuttata.