Ho Chi Minh City, 11 aprile 2024 – Un tribunale vietnamita ha condannato a morte Truong My Lan, la dirigente del colosso immobiliare Van Thinh Phat, per un caso di frode da 44 miliardi di dollari, secondo quanto riportato da Bbc News. La 67enne è accusata di aver truffato fondi da una delle principali banche del Vietnam per un decennio, erodendo “la fiducia della gente nella leadership del Partito (comunista) e dello Stato”, secondo le parole della giuria.
La vicenda ha avuto inizio nel 2011, quando a Troung My Lan, considerata all’epoca un’imprenditrice di successo, è stato affidato il compito di far confluire tre banche in crisi in un’unica grande istituto di credito, la Saigon Commercial Bank. La legge vietnamita vieta a qualsiasi cittadino di possedere più del 5% delle azioni di una banca, ma grazie a una serie di prestanome e società di copertura, la donna è riuscita a controllarne ben il 90%. Di conseguenza, sarebbe riuscita a far nominare dirigenti di fiducia che hanno agito nei suoi interessi. Le somme prelevate da Truong My Lan rappresentano il 93% di tutti i prestiti della Saigon.
Stando a diversi testimoni, molti a Ho Chi Minh City (e non solo) sapevano della situazione, ma la 67enne avrebbe creato una rete di corruzione in grado di proteggerla per anni.
Nel 2019, l’imprenditrice ha ordinato al suo autista di ritirare dalla banca 108 trilioni di dong (pari a 4 miliardi di dollari) – per un totale di circa 2 tonnellate di banconote – che ha successivamente nascosto nella sua cantina.
La vicenda di Truong My Lan è il più grande scandalo finanziario del Paese, nonché uno dei processi più mediatici della sua storia. Una rarità nel paese comunista, solitamente molto secretivo per quanto riguarda il settore giudiziario. Stando alle autorità, alle udienze hanno partecipato 2.700 testimoni, 200 avvocati e 10 pubblici ministeri statali.
Il processo va inserito nella più ampia campagna del segretario del partito comunista Nguyen Phu Tron contro corruzione e grandi imprenditori. Conservatore, desidera riguadagnare il controllo della capitale del Paese, da tempo controllata di fatto dagli oligarchi e dalla mafia sino-vietnamita.
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