Sabato 17 Agosto 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Vertice sulla tregua. Gli Usa: l’accordo c’è. Ma Hamas frena ancora: "Condizioni inaccettabili"

Da Doha le trattative si sposteranno a breve in Egitto. Anche Israele ammette progressi. Il nodo: i miliziani vogliono che l’esercito di Tel Aviv lasci i corridoi Filadelfia e Netzarim.

Vertice sulla tregua. Gli Usa: l’accordo c’è. Ma Hamas frena ancora: "Condizioni inaccettabili"

Da Doha le trattative si sposteranno a breve in Egitto. Anche Israele ammette progressi. Il nodo: i miliziani vogliono che l’esercito di Tel Aviv lasci i corridoi Filadelfia e Netzarim.

Dopo due giorni di negoziati serrati nel Qatar, Joe Biden ostenta un cauto ottimismo. "Non siamo mai stati così vicini ad un accordo, anche se ancora non l’abbiamo" ha detto il presidente riferendosi al cessate il fuoco a Gaza e ad uno scambio di prigionieri. A Doha i Paesi mediatori – Usa, Egitto e Qatar – hanno messo sul tavolo una proposta tale da avvicinare le posizioni delle due parti. Ieri la delegazione israeliana, guidata dal capo del Mossad David Barnea, è rientrata in patria. Israele parla di "un’atmosfera positiva" mentre Hamas (almeno in forma ufficiosa) non cede posizioni e parla di "falsa atmosfera positiva e condizioni inaccettabili". Pronta la replica della Casa BIanca: "Le dichiarazioni di non devono essere prese troppo sul serio. Se Hamas dovesse dire di no all’accordo dovrebbe pensare alle conseguenze per la gente di Gaza, perché l’accordo è stabilito ed è pronto per essere implementato". Sullo sfondo restano le tensioni per azioni militari che Iran e Hezbollah (frenati da Qatar ed Egitto) minacciano di condurre contro Israele, in ritorsione per due eliminazioni di fine luglio: quella di Ismail Haniyeh a Teheran e quella del comandante sciita Fuad Shukr a Beirut.

Conclusi i colloqui di Doha, i paesi negoziatori hanno annunciato un nuovo vertice, al Cairo, da tenersi alla fine della settimana prossima. La speranza è che questo nuovo appuntamento contribuisca a calmare ulteriormente le acque nella Regione. Lo sforzo diplomatico si sviluppa a tutto campo. Ieri a Gerusalemme il ministro degli esteri Israel Katz ha incontrato i suoi omologhi della Gran Bretagna (David Lammy) e della Francia (Stephane Sejourne). Ha chiesto la solidarietà dei loro Paesi – in caso di attacco iraniano – non solo sul piano difensivo, ma anche su quello offensivo. Nel frattempo anche il segretario di stato Antony Blinken ha annunciato una nuova spola in Egitto, Israele e Qatar: domani incontrerà Netanyahu a Gerusalemme. Attivissimo anche il segretario alla difesa Lloyd Austin che conversa quotidianamente col ministro Yoav Gallant.

Per la terza volta dall’inizio della guerra (i precedenti furono nell’ottobre 2023 e nell’aprile 2024) gli Stati Uniti stanno compiendo uno sforzo militare eccezionale e hanno già dispiegato nella regione decine di migliaia di militari, due portaerei, sommergibili e centinaia di aerei da combattimento. Hanno inoltre autorizzato la ripresa di forniture alla aviazione israeliana di bombe ad alta precisione da una tonnellata e hanno garantito ad Israele una prima tranche di aiuti militari per 3,5 miliardi di dollari. Adesso però – hanno fatto intendere a Netanyahu – Israele deve fare la sua parte e fermare la guerra a Gaza. Sul piano tattico, secondo gli Stati Uniti, Israele ha già conseguito tutti gli obiettivi raggiungibili.

Sul piano strategico, secondo gli Stati Uniti, Israele dovrebbe concentrare piuttosto le proprie preoccupazioni sull’Iran, che rappresenta la minaccia maggiore. Un accordo sulla tregua potrebbe ancora prevenire una fiammata di violenza con Iran, Hezbollah e con le altre milizie sciite nella regione. Sul tavolo dei colloqui i contrasti principali riguardano ancora l’Asse Filadelfia (ossia i 12 chilometri di confine fra Egitto e Gaza sotto al quale Hamas ha scavato un numero considerevole di tunnel a fini militari) e il Corridoio Netzarim: si tratta di una pista allestita dall’esercito israeliano che spacca verticalmente la Striscia in due settori (sud e nord) e che consente il rapido afflusso di rinforzi in caso di necessità. Hamas esige che la presenza israeliana sia rimossa da entrambi. Per l’Asse Filadelfia (e per il vicino valico di Rafah) possono essere escogitate soluzioni tecniche, mentre il Corridoio Netzarim resta un ostacolo insormontabile agli occhi di Hamas: perché impedisce il libero flusso di masse di sfollati dal settore sud verso le loro abitazioni – o quanto resta di loro – nel settore nord.