Roma, 18 luglio 2024 - Opacità e omessa vigilanza sul conflitto di interessi in relazione ai contratti con le aziende farmaceutiche per l’acquisto dei vaccini anti-Covid. Sono queste le contestazioni dell’Alta corte di giustizia europea del Lussemburgo nei confronti della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, condannata al risarcimento di tutte le spesse poiché "è rimasta soccombente per l’essenziale". Non un bel viatico in vista del voto di oggi. Anche perché il ricorso è stato promosso tra gli altri dagli eurodeputati Verdi, i cui 53 voti sono essenziali per garantire la riconferma della presidente uscente, visto la presenza di franchi tiratori soprattutto nel campo del Ppe, ma non solo.
La sentenza era annunciata. Tutto nasce dalla richiesta di accesso ai contratti sui vaccini, che la Commissione ha esibito ampiamente sbianchettati. Per la Corte, che ha disposto la rimozione di parte degli omissis, l’esecutivo europeo non garantito il necessario accesso ai contratti per un ammontare di 2,7 miliardi di euro, specie in relazione alle clausole di indennizzo e alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei negoziatori. La Commissione si difende sostenendo che la pubblicazione dei contratti avrebbe "potuto comportate richieste di risarcimento danni a spese dei contribuenti".
La notizia ha generato un certo scalpore nei media del nord-Europa, abituati a un maggior rigore. Ma soprattutto è da vedere come reagiranno i Verdi, che sono stati tra i promotori del ricorso. Non è più garantito che tutti i 53 ambientalisti voteranno von der Leyen dopo la censura della Corte. Anche se sull’altro piatto della bilancia per loro c’è il sostegno alla linea del Green deal e della decarbonizzazione; seppur nella versione più "pragmatica" e temperata annunciata dalla candidata. Soprattutto i Verdi puntano a risultare determinanti, in modo da siglare poi un documento di maggioranza.
Proprio "gli effetti negativi del green deal sulle piccole e medie imprese" sono invece il motivo dei maggiori dissensi interni al Ppe, insieme al modo personalistico e ondivago con cui von der Leyen ha gestito i contatti, specialmente a destra. Gia all’investitura di marzo alla convention del Ppe di Bucarest la presidente uscente venne bocciata da 89 voti su 499 (altri 300 delegati se n’erano già andati). I francesi la considerano troppo vicina a Macron, che pure non la ama, e almeno 3 su 6 voteranno contro.
Ma anche i popolari austriaci e parte degli sloveni (quelli che fanno capo all’ex premier Janez Jansa) la contrastano più o meno apertamente. Insieme a qualche tedesco che approfitterà del segreto dell’urna. In quanto invece agli italiani, Fulvio Martusciello assicura: "Noi siamo compatti" a favore. Anche 6 irlandesi e qualche tedesco del gruppo liberale hanno già detto no. Poi ci sono i socialisti, scontenti per le aperture a destra più che per le chiusure sui migranti. Ma il Pse è tradizionalmente più obbediente dei centristi. Pina Picierno assicura che "non ci saranno franchi tiratori" nella delegazione dem. Anche se Cecilia Strada e Marco Tarquinio ieri si sono astenuti sulla risoluzione sull’Ucraina. Quanto poi ai conservatori, von der Leyen può contare sui 3 ceci e i 3 belgi. Polacchi, francesi e romeni (30 su 78) hanno invece già detto no. I 24 voti di Fratelli d’Italia rimangono i forse e a rischio di essere irrilevanti.