Roma, 11 novembre 2024 – La 29esima conferenza sul clima, Cop29 – che si svolgerà da oggi al 22 novembre a Baku, in Azerbaigian – nasce già morta. Donald Trump aveva promesso in campagna elettorale che se fosse stato eletto sarebbe nuovamente uscito dall’accordo di Parigi – come già fece nel 2016, nel suo primo mandato – e manterrà la promessa. Il Wall Street Journal ha scritto, sentendo dirigenti repubblicani vicini al presidente eletto, che "il provvedimento è già stato messo a punto ed è pronto per la firma il 20 gennaio, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca". Non solo: Trump ha anche minacciato di uscire del tutto dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, l’Unfccc, quella che organizza le Cop. Vorrebbe dire che gli Usa non parteciperebbero non solo all’accordo di Parigi ma neppure ai negoziati futuri sul clima. Un disastro per le speranze di contenere efficacemente il riscaldamento climatico.
Per la conferenza di Baku è una doccia gelata in un contesto geopolitico già molto negativo.
Gli Stati Uniti, secondo emettitore mondiale con l’11%, usciranno, la Russia (5%) è di fatto fuori a causa delle guerra in Ucraina, il Giappone è prudente, India (7%) e Cina (primo emettitore con il 30%) fanno promesse a medio termine, e a essere davvero impegnati sono solo l’Europa (che però pesa ormai solo per il 7% delle emissioni), Canada, Australia e i Paesi in via di sviluppo più colpiti.
Risultato, le emissioni mondiali continuano a crescere (nel 2023 hanno raggiunto le 57,1 milioni di tonnellate, più 51% rispetto al 1990) e così le concentrazioni di Co2 (il principale gas serra) in atmosfera, che, certifica il Wmo, hanno toccato le 420 ppm (parti per milione), ben il 151% rispetto al periodo preindustriale. L’ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione comparabile di CO2 è stata 3-5 milioni di anni fa.
Di conseguenza, le temperature continuano a crescere e, come aveva già annunciato il servizio climatico europeo Copernicus, e anche il Wmo ha confermato ieri, con con ogni probabilità il 2024 supererà la soglia di 1,5 gradi di riscaldamento rispetto i livelli preindustriali, la soglia ottimale fissata dall’accordo di Parigi. La verità è che, nonostante il grande successo delle rinnovabili, quasi nessuno riduce davvero le emissioni da combustibili fossili, deforestazione, agricoltura. Manca la volontà politica di farlo. E infatti l’obiettivo principale della conferenza sul clima di Baku, è stabilire un nuovo obiettivo annuale di finanziamento climatico per sostituire l’attuale impegno di 100 miliardi di dollari, fissato nel 2009 e che in 15 anni è stato raggiunto una sola volta, nel 2022. A Baku infatti non si fisseranno nuovi impegni di riduzione delle emissioni, che saranno proposti solo dal febbraio 2025. Con calma e sempre in maniera assolutamente volontaria.
E così, superati gli 1,5 gradi – e con effetti che già oggi si mostrano pesanti in termini di eventi estremi, vedi gli ultimi uragani in America, le alluvioni a Bologna e Valencia – si va verso i due gradi con la prospettiva di salire a 3 gradi di riscaldamento se si continuerà a politiche attuali e 2,5° se saranno attuate le promesse al 2030. Servirebbero nuovi impegni, con i quali, a tecnologie attuali, sarebbe ancora possibile stare sotto i 2 gradi.
Volendo, si può fare. Ma il vento spira in una altra direzione. E Baku sarà ininfluente. Non a caso non ci saranno Biden, Trump, non ci sarà Putin, né Xi né l’indiamo Modi, il brasiliano Lula, nè Macron. E non ci sarà neppure la presidente della Commissione Ue, Ursula Von Der Leyen. Perchè nessuno vuol metter la faccia su un altro sostanziale nulla di fatto.