Roma, 25 gennaio 2025 - Primo contatto telefonico tra il ministro degli Esteri cinesi Wang Yi e il segretario di Stato americano Marco Rubio. Il colloquio avvenuto venerdì sera potrebbe dare il via a nuovi rapporti tra Usa e Cina. Le parti hanno discusso il futuro sviluppo delle relazioni tra Pechino e Washington, fatto emergere le divergenze, a partire da Taiwan.
Wang: Taiwan è Cina. Rubio: Usa per soluzione pacifica
Taipei è l'attrito più teso tra i due Paesi e Wang ha ricordato che l'isola "fa parte del territorio cinese fin dall'antichità e non sarà mai separata dalla madrepatria", fa sapere in una nota Pechino. Il ministro ha chiesto agli Usa che confermino gli impegni assunti con "l'adesione al principio della 'Unica Cina'". Da parte sua Rubio ha ribadito la posizione di Washington, che non supporta l'indipendenza e spera in una soluzione "pacifica in un modo accettabile per entrambe le parti dello Stretto di Taiwan". Ma la nota del Dipartimento di Stato non ne parla, affermando che Rubio ha sottolineato "l'impegno Usa nei confronti dei suoi alleati nella regione e le sue preoccupazioni serie sulle azioni coercitive della Cina contro a Taiwan e nel mar Cinese meridionale".
Un canale sempre aperto tra Usa e Cina
Per questo motivo Rubio e Wang hanno concordato che le parti "dovrebbero mantenere la comunicazione, espandere la cooperazione e promuovere lo sviluppo stabile, sano e sostenibile delle relazioni sino-americane basate sui principi di rispetto reciproco e cooperazione win-win", ha detto il ministro degli Esteri cinese. "Spero che vi prendiate cura di voi stessi e svolgiate un ruolo costruttivo per il futuro del popolo cinese e americano, e per la pace e la stabilità nel mondo", ha aggiunto.
Trump favorevole a rapporti Usa-Cina
Rubio ha assicurato che l'amministrazione Trump favorirà i rapporti sino-americani "che promuovano gli interessi degli Usa mettendo il suo popolo innanzi a tutto". Da sempre Rubio è intransigente con la Cina, avendo più volte condannato la repressione degli uiguri nello Xinjiang e delle proteste democratiche di Hong Kong, finendo per due volte nel 2020 nell'elenco delle sanzioni del governo cinese.