Il popolo "aizzato" contro i giudici. Il Partito repubblicano in ostaggio. Una campagna elettorale che mina la più grande democrazia del mondo nelle sue fondamenta. È così che il giornalista americano Alan Friedman, all’indomani dell’incriminazione di Donald Trump, vede il prossimo futuro del suo Paese. "Un Paese spaccato in due".
Friedman, cosa succede adesso?
"Martedì prossimo Trump dovrà consegnarsi alla polizia di New York per registrare le impronte digitali, scattare la foto del profilo e quella frontale. Insomma, le attività che siamo abituati a vedere nei film. Dopodiché sarà fissata la prima udienza, e probabilmente da qui al 2024 se ne svolgeranno diverse".
E dal punto di vista politico?
"Trump userà la falsa narrazione della caccia alle streghe, qualcuno ci crederà. Probabilmente crescerà nei sondaggi e la sua candidatura alla Casa Bianca si rafforzerà".
L’America profonda che lo aveva appoggiato nel 2016 non gli volterà le spalle?
"Tutt’altro. Trump non è più un repubblicano come un tempo: è un estremista. Raccoglie il suo consenso tra i membri di QAnon, i cospirazionisti, i razzisti, i meno istruiti. Si tratta di 30, 40 o addirittura 50 milioni di americani".
Li userà come scudo per difendersi dalle accuse?
"Ci proverà. Utilizzerà questa forza extraparlamentare per raccontarsi come una vittima, e probabilmente avrà un discreto successo. L’abbiamo già visto con Silvio Berlusconi, no? Parlava di “accanimento giudiziario, di caccia alle streghe, di toghe rosse”".
In un Paese culturalmente cattolico come l’Italia, il percorso politico di Berlusconi non è stato danneggiato dai suoi guai giudiziari. L’America, prevalentemente protestante, non è poi così diversa?
"Non è detto che lo sia. Bisogna considerare che Trump, più che un leader con dei seguaci politici, è un cult . I suoi sostenitori credono in lui".
Anche negli Stati Uniti, come in Italia, l’opinione pubblica si è polarizzata negli ultimi anni?
"L’incriminazione rallegra il 50% degli americani: stappano lo champagne gridando che finalmente è stata fatta giustizia. Un altro 20-25%, invece, non è interessato alla questione. Poi c’è la base di Trump, il 30% circa. E per vincere alle presidenziali bisogna superare il 50%".
Quindi diamo per scontato il successo alle Primarie? Oppure il Partito repubblicano ne approfitterà per sbarazzarsi di un corpo estraneo?
"I repubblicani sono codardi. E sono terrorizzati da Trump. I moderati stanno zitti perché Donald rimane il front runner, non possono farci niente: al 60-70% sarà il loro candidato, DeSantis non è un rivale forte. Se dovesse finire così, ne vedremo delle belle perché dopo quello di New York possono arrivare altri rinvii a giudizio a Washington e ad Atlanta, e per capi di accusa ancora più severi".
Salirà la tensione.
"Assisteremo a un carnevale, vedremo un’America ancora più spaccata. E con grande probabilità di sarà violenza nelle strade".
Per Trump, questa incriminazione «si rivelerà un boomerang contro Biden». È possibile?
"No, Biden non c’entra nulla, è un leader onesto e moderato".
Trump ha più volte dichiarato che, se fosse rimasto alla Casa Bianca, oggi non ci sarebbe la guerra in Ucraina. Il conflitto gli porta consensi?
"È vero, confermo: essendo lo zerbino di Putin, avrebbe consegnato l’Ucraina ai russi. Quindi non ci sarebbe la guerra. Ma il conflitto è un tema irrilevante per gli americani, non sposta voti".
Come cambia gli equilibri della democrazia americana l’accusa di politicizzazione che Trump rivolge alla magistratura?
"Se Trump sarà candidato, il voto del 2024 diventa una scelta per o contro le regole della democrazia".
Può davvero vincere le presidenziali?
"Non potrebbe mai conquistare la maggioranza degli americani sotto processo".