Nulla è mai come sembra quando si parla di Yevgny Prigozhin, l’uomo dallo sguardo mefistofelico, capo dei mercenari della Wagner che pochi giurano di aver visto sorridere. Da settimane la sua figura tiene un piede nella guerra di trincea del Donbass, dove i suoi uomini sono carne da macello, e uno nella politica, con accuse e minacce alternate a retromarce contro i vertici militari russi. Quando l’ex chef di Putin parla c’è sempre dietro un messaggio trasversale. Resta il fatto che il capo della Wagner continua ad essere un colosso economico che può alzare la voce.
L’uomo dal volto che incute terrore ha interessi nel campo minerario, alimentare ed è proprietario dell’Internet reserch agency (Ira), un polo digitale capace di funzionare anche da fabbrica di troll, cioè falsi contenuti sui social per influenzare l’opinione pubblica. Dunque, in questo scenario, è difficle comprendere cosa ci sia di vero nei leak diffusi dal Washington Post secondo cui il capo dei mercenari avrebbe tentato, senza riuscirvi, di vestire anche l’abito del traditore fornendo alle truppe di Kiev le coordinate per bombardare l’esercito russo in cambio del ritiro delle forze di Kiev da Bakhmut, che anzi in queste ore hanno conquistato terreno. Trappola? Doppio gioco? Kiev non si è fidata e tace, Prigozhin smentisce e parla di complotto interno di elementi corrotti dell’establishment putiniano, i ’compagni della Rublyovka’, Mosca liquida tutto come "fake news". "Mi pare una fuga di notizie orchestrata per affondarlo – ipotizza Anna Zafesova, giornalista e scrittrice e abituata a interpretare le nebulose situazioni russe – e questa situazione conferma una crisi ai vertici di Mosca. Non credo che si tratti del genio fuggito dalla lampada e ora ingovernabile, siamo nel campo dell’ instabilità politica". Non è secondaria anche l’ipotesi che altre compagnie di mercenari russi, si inseriscano per acquisire terreno. In concorrenza con la Wagner e impegnate in Africa, Libia, Siria, Ossezia, Abkhazia ci sono la Rsb, il Gruppo Mar, la Enot, Patrito e Turam. "I leak vanno sempre presi con le molle – avverte l’analista Emmanuele Panero, Desk difesa e sicurezza del Cesi – perchè le fonti a volte sono incerte o coperte. Poi Prigozhin è al centro di una lotta di potere con i vertici militari e le sue affermazioni sono ragionate non su ciò che accade sul campo ma su altre motivazioni. Gioca sul tavolo della guerra e della politica con una narrazione oscillante. Parla, anche fornendo notizie false, a un target di ascoltatori che non è l’opinione pubblica. Manda messaggi".
Di sicuro il leader della Wagner non agisce più con la trasparenza della prima fase in cui gettò in trincea le sue truppe di tagliagole. Comunque può permettersi di lanciare anatemi contro il ministro della Difesa Serghei Shoigu e il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. Un diritto di parola che forse gli deriva dall’essere stato sempre avvolto nella penombra degli affari sporchi del Cremlino con tentacoli arrivati ai pozzi di petrolio siriani. Prigozhin è una fenice caduta e risorta più volte da quando fu arrestato per traffici legati a non precisate frodi. Una volta uscito cominciò a vendere panini e passò al catering per Putin. Poi intuì che il business del futuro erano le armi e i mercenari. Il resto è storia recente.