Venerdì 22 Novembre 2024
MARTA OTTAVIANI
Esteri

La crisi economica, quella demografica e il Paese spaccato in due sul futuro: i rischi per la stabilità interna dell’Ucraina dopo mille giorni di guerra

Un sondaggio Gallup rileva che il 52% dei cittadini sarebbe favorevole a negoziare la fine del conflitto. Metà della popolazione sarebbe disposta a concessioni territoriali. Il presidente Zelensky deve vedersela non solo con l'escalation militare, ma con un Paese da ricostruire

Roma, 22 novembre 2024 – Oltre 1.000 giorni di guerra e adesso anche la popolazione ucraina inizia a essere stanca. Gli appelli sono di continuare a combattere, la retorica nazionale continua a essere alta, ma il Paese è spaccato in due. A dirlo è un sondaggio di Gallup, nota società americana di analisi e consulenza, secondo il quale il 52% degli ucraini sarebbe favorevole a negoziare una fine del conflitto, mentre solo il 38% sostiene la continuazione delle ostilità fino alla vittoria totale. Questo dato evidenzia un cambiamento significativo rispetto ai primi giorni del conflitto, quando il sostegno alla lotta contro Mosca era molto più forte, soprattutto nelle regioni occidentali del Paese. Nelle zone più colpite dalla guerra, come quelle orientali e meridionali, il sostegno alla guerra è sceso drasticamente, mentre in altre aree rimane più forte.

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In aggiunta, Gallup ha registrato che oltre la metà della popolazione, il 52%, sarebbe disposta ad accettare concessioni territoriali come parte di un accordo di pace, un dato che riflette la stanchezza generale e la frustrazione per un conflitto che sembra non avere fine.

A pesare sugli umori della popolazione anche il risultato delle elezioni americane. L’Ucraina è appesa al filo dell’Occidente e alle decisioni che prenderà nei prossimi mesi in particolare con l'amministrazione Trump che sta per entrare in carica negli Stati Uniti. Sarà necessario capire se l'alleanza occidentale, guidata da Washington, continuerà a spingere verso un escalation del conflitto, con più aiuti e un confronto crescente con Mosca, o se invece si apriranno opportunità di dialogo.

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky durane una visita nel Donetsk (foto Ansa)

Il Paese, intanto, è sempre più martoriato da una guerra che è andata ben oltre allo scontro militare. Le infrastrutture energetiche ucraine sono state ripetutamente colpite dai bombardamenti russi, mettendo a dura prova non solo l'apparato bellico, ma anche la vita quotidiana della popolazione civile. Di conseguenza, il numero di rifugiati continua a crescere. Più di 6 milioni di ucraini hanno lasciato il Paese, mentre milioni altri sono sfollati internamente. Questo esodo ha un impatto diretto sulla forza lavoro, riducendo ulteriormente le capacità produttive del Paese, che già affronta gravi difficoltà economiche.

Nel 2022, l’Ucraina ha registrato un crollo del PIL del 29%, una cifra che evidenzia la gravità della recessione. Nonostante le previsioni di una ripresa modesta nei prossimi anni, la strada per una vera ricostruzione sembra lunga e incerta. L’emigrazione e la mancanza di risorse umane complicano ulteriormente la situazione, creando un circolo vizioso difficile da rompere.

A questa instabilità interna, va aggiunto il fatto che l’Ucraina dipende fortemente dagli aiuti esterni, tanto militari quanto economici. Fino a oggi, l’Unione Europea ha stanziato oltre 118 miliardi di euro per sostenere il Paese, e sono previsti altri 74 miliardi, secondo i dati dell'Ukraine Support Tracker. Se gli aiuti dovessero ridursi, o se dovessero emergere alternative diplomatiche, l'Ucraina potrebbe trovarsi a dover fare scelte difficili per il suo futuro. La realtà che emerge è chiara: la vera sfida per l’Ucraina non è solo quella di resistere militarmente, ma anche quella di garantire la stabilità interna e trovare un accordo con l’Occidente per una ricostruzione post-bellica.

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