Sabato 31 Agosto 2024
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Esteri

Ucraina, lo storico Garton Ash: Putin? Anche l’Urss crollò. “L’Europa non mollerà Kiev”

Lo studioso inglese: l’espansionismo russo è una minaccia esiziale per noi. "Se dovesse vincere l’esercito di Kiev, il regime dello zar potrebbe collassare. L’Ue non è una serie di regolamenti burocratici, ma una prospettiva di valori"

Roma, 2 ottobre 2023 – “L’Europa, l’Europa delle libertà e della democrazia, è oggi sotto minaccia per una guerra che va avanti da un anno e mezzo facendo centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi, causando distruzioni immani: un disastro che non vedevamo dal 1945. Qualche anno fa sarebbe stato difficile immaginare un simile scenario. Certo, avevamo visto, con l’ex Jugoslavia, che le guerre in Europa potevano succedere ma la scala stavolta è ben maggiore. Putin ha cercato di prendere l’intera Ucraina. Se fosse stato lasciato fare, probabilmente minaccerebbe ancor più direttamente l’Europa. Ma la reazione dell’Occidente è stata ed è adeguata alla minaccia esiziale alla nostra civiltà. L’Europa non mollerà Kiev". Così Timothy Garton Ash, 68 anni, professore di Studi Europei presso l’Università di Oxford, saggista di lungo corso, il cui fortunato ultimo lavoro, Patrie, una storia personale dell’Europa è stato da poco pubblicato da Garzanti

Lo storico inglese Timothy Garton Ash, 68 anni
Lo storico inglese Timothy Garton Ash, 68 anni

Professor Garton Ash, nel suo libro lei dice che ancora a metà degli anni ’80 il collasso dell’Unione Sovietica, poi successo nel 1989-91, sembrava una eventualità remota. Questo significa che anche Putin non può dormire sonni tranquilli?

"Fondamentalmente, il declino dell’impero sovietico è stata la storia degli ultimi quaranta anni. Quando ho iniziato a viaggire nell’Est Europa, negli anni ’70, da storico mi sono reso conto che quello del blocco sovietico era un impero. Ora, la storia ci ha insegnato che gli imperi finiscono, finiscono sempre. Non immaginai che l’impero sovietico sarebbe crollato così rapidamente e così pacificamente, ma la direzione era chiara. Adesso Vladimir Putin cerca per quanto possibile di riconquistare con la forza una parte di quell’impero. La risposta alla sua domanda dipende dall’esercito ucraino e dipende da noi. Se gli ucraini saranno in grado, con il nostro supporto di infliggere una sconfitta a Putin, allora sì, il suo regime potrà collassare. Se sostanzialmente manterrà le conquiste fatte e il collegamento tra Donbass e Crimea potrà invece dichiarare vittoria, la conquista della Novorossia, e il suo regime si protrarrà di qualche anno, minacciandoci ancora e ancora. Per questo quel che succede a Kiev deve interessarci molto".

In uno dei capitoli del suo libro lei cita lo scrittore austrico Stefan Zweig, che scrivendo durante la seconda guerra mondiale parla di Europa perduta per sempre. Ma lei ha scelto di intitolare quel capitolo, dedicato agli anni tra il 2008 e il 2022, «incertezza e non caduta». Vuol dire che ha ancora speranza nell’Europa?

"Assolutamente. Uno dei motivi per i quali stiamo vivendo tempi difficili è che all’inizio degli anni Duemila pensavamo che il nostro bene fosse inevitabile. Ma nulla è inevitabile. Il nostro futuro dipenderà da noi, dagli europei, da come ce ne faremo carico. E segnali positivi ci sono. Di fronte alla più grande guerra sul suolo europeo vista dal 1945 l’Ue ha risposto con forza alla sfida che le veniva posta. L’Europa non è una serie di regolamenti e di burocrati, come la retorica populista dipinge Bruxelles, ma una prospettiva di valori, di diritti, di democrazia. E oggi ha quattro sfide: l’invasione russa in Ucraina, l’immigrazione, la capacità di creare lavoro per i giovani europei e, in prospettiva, la possibile rielezione di Donald Trump".

Crede davvero che Trump possa tornare alla Casa Bianca?

"Ho appena passato due mesi negli Stati Uniti e sono tornato estremamente preoccupato. Un gran numero di americani è davvero pronto a votare per questo essere umano inqualificabile, non solo a dispetto del fatto che sia sotto processo per accuse gravissime, ma anche per quello. Se l’ottantunenne Biden dovesse inciampare in qualche palco qualche giorno prima delle elezioni, la vedo male".

Uno dei temi chiave in Europa è quello delle migrazioni. Lei crede che l’Europa riuscirà nell’ambizione di chiudersi in una nuova cortina di ferro?

"Sono stato a Ceuta, terra spagnola sulle coste del Marocco, e lì la cortina di ferrò c’è già. E nel Mediterraneo la mancanza di una adeguata missione di salvataggio sta causando un gran numero di vittime e non ferma il flusso. Chiudersi, non funzionerà. È vero, ci sono 820 milioni di giovani in Africa, se anche una piccola percentuale deciderà di venire in Europa, sono numeri importanti. Ma non dobbiamo cadere nella retorica dell’invasione usata dai populisti per vincere le elezioni. Bisogna invece creare corridoi sicuri per le migrazioni e fare come la Germania di Angela Merkel che ha saputo gestire e integrare grandi numeri. E poi bisogna indubbiamente lavorare sullo sviluppo economico dell’Africa per dare a quei giovani delle concrete alternative".

Professor Garton Ash, è ancora l’Europa il continente della libertà?

"Secondo Freedom House, quasi la metà dei Paesi liberi del mondo sono in Europa: 34 su 84. Quindi, la risposta è: certo. Il punto è: gli europei si rendono conto di questo? Se vai in Ucraina o in Moldova, la risposta è sì. In Paesi come l’Italia, la Francia e la Germania, la gente invece aumenta i suoi dubbi. Ma mi creda, l’Europa, con tutte le sue imperfezioni e problemi, è ancora un faro di libertà".