Roma, 18 febraio 2025 – La telefonata di venti minuti tra Emmanuel Macron e Donald Trump, prima del vertice di Parigi su guerra o pace in Ucraina e sulla sicurezza europea, segnala che, a dispetto della brusca accelerazione imposta ai dossier, neppure la Casa Bianca può fare tutto da sola. Ambizione persistente – sia chiaro – ma che l’Europa contesta, dati alla mano: dai significativi aiuti a Kiev (superiori a quelli statunitensi) alle sanzioni anti Russia.
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LA POSIZIONE ITALIANA
Giorgia Meloni tiene una linea prudente sia con Mosca sia con Washington, in attesa di capire se la trattativa per la pace a Riad abbia le ali per volare. Dopo la riunione mattutina coi prefetti, arriva all’Eliseo solo alle 17, a vertice già iniziato. Dice subito che avrebbe preferito la presenza di tutti i Paesi baltici e nordici confinanti con la Russia. Invita a non drammatizzare il confronto con Washington. Si oppone a “format anti-Trump”, perché gli Usa lavorano per “giungere a una pace e noi dobbiamo fare la nostra parte”. E scarta – al momento – l’ipotesi di soldati europei in Ucraina, perché è l’opzione “più complessa e meno efficace”. Dopo i baci con Macron, riparte senza fiatare.
OFFENSIVA BRITANNICA
Il summit indetto perché l’Europa sia al tavolo della pace registra la presenza del premier britannico Keir Starmer: a cinque anni dalla Brexit, è un bel ritorno. Il destino dell’Ucraina “non mette in gioco solo il futuro” di Kiev, ma è “una questione esistenziale per l’Europa”, dichiara il leader laburista. Ma la disponibilità britannica a inviare truppe “per la sicurezza dell’Ucraina e del nostro continente”, ipotesi già caldeggiata da Macron, non riscuote consensi.
SCHOLZ SBARRA LA STRADA
“Credo che sia del tutto prematuro e inappropriato parlarne ora”, è lo stop del cancelliere tedesco Olaf Scholz. E “non può esserci una pace imposta che l’Ucraina deve accettare”, aggiunge il leader socialista a pochi giorni dal voto anticipato. In ogni caso, l’Ucraina “deve poter difendere la sua democrazia e la propria sovranità ed essere nella condizione di mantenere un esercito forte. Tutto ciò non è negoziabile”. Del tutto negoziabile è invece lo scomputo dal deficit delle maggiori spese militari. La Germania “è pronta a spendere almeno il 2% del Pil”, chiarisce Scholz, ma se altri stati europei volessero spendere “di più”, la Germania “è favorevole” al fatto che la maggiore spesa resti fuori “dai calcoli”.
BRUXELLES STA CON KIEV
Sintetizza la commissaria Ue Ursula von der Leyen: “L’Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L’Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all’Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa”.
A RIAD RUSSI NERVOSI
In tarda serata, mentre il summit parigino sta per sciogliersi, dall’Arabia filtrano le prime anticipazioni sull’incontro preliminare tra russi e americani (oggi). L’eco di Sergei Lavrov, ministro di Mosca, è già un diktat: “Nessuna concessione territoriale”. Cioè, nessuna restituzione di territori a Kiev. E gli europei al tavolo? “Non so cosa dovrebbero fare – sfotte –. Se intendono continuare la guerra, perché invitarli?”. Il segretario di Stato americano Mark Rubio prende nota e riferisce al presidente tycoon. L’impressione è che la partita con lo zar non riguardi solo l’Ucraina ma anche Europa, Nato, Medio Oriente, Cina, Iran. Kiev ribadisce: “Nessun accordo senza di noi”. Domani anche Volodymyr Zelensky sarà in Arabia: “Visita già pianificata”. Ben strana coincidenza. Intanto l’Europa è d’accordo sui principi, ma solo su quelli.