Venerdì 22 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Ucraina, la guerra dopo Bakhmut: ora i russi si difendono. "Attendono il voto Usa, sperano vinca Trump"

La conquista (dopo nove mesi) della città assediata cambia gli scenari. Prigozhin attacca ancora Mosca e paventa "il rischio rivoluzione". Gli 007 ucraini minacciano Putin. L’analista Tocci: senza di lui conflitto finito

“Prepariamoci nel medio periodo a una “non pace“ protratta. A un conflitto che magari dal 2024 sarà a intensità non più così alta ma che si trascinerà per anni. Perché fino a che c’è Putin non ci sarà una pace vera. Lo escludo categoricamente". Parla chiaro Nathalie Tocci, dal 2017 direttrice dell’istutito Affari Internazionali.

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Quindi hanno ragione i servizi ucraini a porsi l’obiettivo di eliminare fisicamente Putin, salvo poi correggere il tiro e parlare di “cattura per consegnarlo al tribunale dell’Aia”?

"Dal punto di vista ucraino, sì,è comprensibile. È indubbio che se Putin dovesse morire, la guerra finirebbe. Questa è la sua guerra. Del resto, lo stesso Prigozhin ha detto che “la scelta degli 007 ucraini di eliminare me e il presidente Putin è comprensibile“. Credo però che non ci riusciranno. Se mai Putin dovesse esser fatto fuori da qualcuno, sarà da forze interne alla Russia. Ma anche questo è più che altro un auspicio occidentale".

Quali sono gli obiettivi russi e ucraini, oggi?

"L’offensiva russa c’è già stata e ha fallito l’obiettivo di riprendersi tutto il Donbass. I russi, oggi, incamerata la città di Bakhmut dopo una battaglia faticosissima e costosissima in termini umani e materiali, non hanno risorse per andare oltre, cercheranno di tenere il territorio che hanno, nel quale si sono trincerati. Gli ucraini invece, ottenute le armi pesanti che chiedevano, tenteranno da qui a fine anno, probabilmente in più ondate, di conquistare quanto più territorio possibile. Ma neppure loro sanno quanto o quando. L’Occidente ha grandi aspettative, ma certo è difficile immaginare che i russi cedano di botto come a Kupiansk o si ritirino come a Kherson. Probabilmente il successo sarà parziale, vedremo di quanto".

Crede che i russi sperino che vinca Trump e che con lui cessi o si riduca il supporto militare a Kiev?

"Si, questa è la strategia. La premessa putiniana è la convinzione che l’Occidente è debole e alla fine mollerà mentre la Russia è resiliente. L’occasione per un allentamento dell’aiuto militare a Kiev è agli occhi di Putin la vittoria di Trump. Il che è tutto da vedere e comunque non sarà prima del gennaio 2025".

Come valutare la cosiddetta “resistenza russa“, promossa e aiutata dai servizi ucraini?

"Serve a costringere i russi ad allocare un pò di truppe alla frontiera e soprattutto è una questione di propaganda, per proiettare una immagine di debolezza della Russia. Militarmente è un fenomeno marginale".

Prigozhin ha chiesto a Putin più impegno perché «se la guerra continua in maniera balbettante, in Russia si rischia una nuova rivoluzione». A che gioco gioca?

"Lavora contro Shoigu e l’estabilishment militare. È chiaro che non potrebbe dire quel che dice se non ci fosse una sorta di via libera di Putin, che probabilmente lo usa in una sorta di divide et impera. È uno scontro controllato, ma come sempre gli scontri sono controllati fino a che non perdono il controllo. Putin comunque appare saldo e se Prigozhin si mettesse in testa di sfidarlo alle presidenziali sarebbe un uomo morto. Ma Prigozhin lo sa bene".

Domani (oggi per chi legge) l’inviato cinese sarà a Mosca. C’è qualche barlume di prospettiva di una pace in salsa cinese?

"Sinceramente, purtroppo no. I cinesi fanno un gioco di pubbliche relazioni, che punta al sud del mondo. Vogliono mostrarsi potenza di pace, non mediare una pace. Pragmaticamente sanno che non ci sono oggi chance per un negoziato che non sia letto dai belligeranti come una resa di Kiev o del Cremlino. Nessuno è pronto a concessioni. E quindi, non ci sono spazi".