Venerdì 29 Novembre 2024
BEPPE BONI
Esteri

Ucraina, l’offensiva in Russia scopre l’Est. L’analista: “Zelensky reputa il Donbass perso. Userà il Kursk al tavolo di pace”

L’esercito di Kiev avanza lentamente oltreconfine, ma è in grande difficoltà sul fronte principale. Il generale Li Gobbi: incursione rischiosa dagli esiti incerti. Medvedev: “La punizione sarà crudele”

Roma, 24 agosto 2024 – Nel risiko ucraino-russo il doppio fronte di guerra Donbass e Kursk non lascia ancora capire, al di là dei raid quotidiani di droni e artiglieria, quale potrà essere la possibile svolta di un conflitto che si annuncia ancora lungo, fatto di mosse e contromosse, mentre la trattativa di pace pare ‘missing in action’, dispersa in azione. Nel Kursk gli ucraini continuano ad avanzare, seppur lentamente, nel Donbass, vero cuore del conflitto, i russi non arretrano, anzi stanno costringendo gli avversari, in evidente difficoltà, ad evacuare i civili dalle zone di confine in vista di un ulteriore loro balzo in avanti. Difficile per ora decifrare le rispettive strategie. 

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La cronaca recente registra gli anatemi di Mosca che spaventa l’Occidente accusando Kiev di voler colpire con i droni la centrale nucleare di Kunchatov, mentre l’esercito di Zelensky segnala di aver colpito una base di truppe russe utilizzando bombe plananti di fabbricazione americana, le micidiali Gbu-39 che una volta sganciate vengono guidate da un Gps con chirurgica precisione sul target.

Un soldato ucraino nel centro della città di Sudzha, nella regione di Kursk
Un soldato ucraino nel centro della città di Sudzha, nella regione di Kursk

Nelle ultime settimane l’esercito russo intanto ha conquistato un villaggio dopo l’altro sulla linea di confine del Donetsk, minacciando Pokrovsk, città di 53mila abitanti, snodo che conduce alle roccaforti ucraine, dove si dice che combattano anche contractors americani. Sull’inferno dell’altro fronte per incunearsi in Russia a Est il generale ucraino dallo sguardo di ghiaccio, Oleksandr Sirsky, uno che non esita a mettere in conto forti perdite per ottenere l’obiettivo, ha spostato parte delle truppe migliori.

Strategia che paga? Forse sì, forse no, è presto per dirlo in uno scenario dove nulla è come sembra. Per ora pare che nessuna delle due forze in campo abbia la capacità di organizzare grandi offensive. L’incursione nel Kursk resta l’incubo di Vladimir Putin che attraverso il falco Dmitry Medvedev, vice del consiglio di sicurezza, lancia l’ultimo anatema anche dopo che Kiev ha vietato le celebrazioni della chiesa ortodossa russa. “L’Ucraina sarà distrutta come Sodoma e Gomorra. La punizione sarà crudele, dolorosa e si compirà presto”. “L’incursione nel Kursk degli ucraini è un’operazione rischiosa dagli esiti ancora incerti – commenta l’analista militare generale Antonio Li Gobbi, già direttore delle Operazioni presso lo Stato Maggiore Internazionale della Nato a Bruxelles – e tutto fa pensare che Kiev abbia messo in conto di scoprire il Donbass sapendo di non poterlo più recuperare. Così, pur rischiando, cerca di giocare una carta diversa anche perché il Donbass è diventato una guerra di logoramento dove gli ucraini non reggono. Sono più adatti ad un conflitto di mobilità e manovra rispetto agli avversari più forti, ma che dispongono di una catena di comando lenta e farraginosa dove i comandanti dei reparti hanno poca capacità di iniziativa. Ho visto personalmente come si muovono i russi quando ho avuto un loro reparto sotto il mio comando in Kosovo. Se la carta del Kursk risulterà vincente gli ucraini se la giocheranno come merce di scambio in una trattativa di pace. Sul nuovo fronte per ora avanzano grazie alle strategie suggerite dall’intelligence occidentale, soprattutto britannica. Gli inglesi nei teatri bellici sono pianificatori di grande livello. E ora Kiev dispone di armamenti più performanti”.

L’esercito ucraino infatti ha messo in campo per la manovra in terra russa brigate di fanteria scelte, corazzate, di artiglieria e motorizzate che teoricamente potevano essere impegnate per contenere il fronte sud. Sul campo sono utilizzati in modo massiccio le mastodontiche jeep Humvee, fornite dagli Usa (utilissime in Iraq e Afghanistan), e i veicoli corazzati da combattimento Stryker dotati di una mitragliatrice calibro 0.50. Nella dotazione di corazzati giocano un ruolo importante anche gli Mbt (Main Battle Tank) forniti dall’Occidente insieme ai tedeschi Leopard 2A5 e ai britannici Challenger 2 e agli americani Bradley, utili come supporto alla fanteria e affiancati ai carri armati e agli Ifv (Infantry Fighting Vehicle) di fabbricazione tedesca forniti di cannoncini e micidiali missili anticarro.