Roma, 11 ottobre 2019 - Già ben prima delle minacce di Erdogan, la Turchia ha di fatto allargato i cordoni dei controlli sui migranti che dal suo territorio puntano a raggiungere l’Europa. È per questo che a settembre sono arrivate in Grecia dalla Turchia 11.500 persone e 8mila in agosto. E 26mila da inizio anno. Non sono i numeri dell’estate 2015 (100mila al mese) o dell’inizio 2016 (50mila al mese), ma di fatto la rotta che passa dalla Turchia si è riaperta.
La Grecia è molto preoccupata e intende rimandare 10mila migranti in Turchia entro il 2020. Ma per rimandarli ci vuole l’ok di Ankara, che oggi manca. Che l’accordo tra Europa e Turchia sui migranti firmato nel marzo 2016 fosse in cattive acque era chiaro almeno dallo scorso giugno, ma fu il 23 luglio che il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu dichiarò che il suo Paese sospendeva l’accordo di riammissione – uno dei punti chiave – che prevede che dal 20 marzo 2016 tutti i migranti "giunti illegalmente nel territorio della Ue dal territorio della Turchia" dovranno essere riammessi in Turchia e che in cambio "per ogni migrante siriano riammesso in Turchia, un altro siriano dovrà essere accolto in Ue".
Il meccanismo, va detto, aveva funzionato poco – solo 2mila migranti erano stati riaccolti in Turchia dalla Grecia dal 2016 a oggi – e non solo per colpa dei turchi. Ma il blocco del flusso c’era stato e interrompere l’accordo di riammissione era un segnale della crescente insofferenza di Ankara, e non solo per le sanzioni alla Turchia decise il 15 luglio dall’Ue dopo le prospezioni petrolifere unilaterali nelle acque di Cipro.
"Noi – ha ribadito Cavusoglu qualche giorno fa – rispettiamo tutti i punti sull’accordo dei migranti, l’Europa no. Penso alle promesse sui negoziati di adesione all’Ue, l’aggiornamento dell’unione doganale, la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi. E poi, dei 6 miliardi promessi nell’accordo, per ora abbiamo ricevuto solo 2,2 milioni". Ma la Ue nega inadempienze. "Perché l’accordo sui visti entri in funzione – ribattono dalla Commissione – la Turchia deve rispettare 72 criteri e per ora ne mancano sei. Quanto ai soldi, i 6 miliardi di euro erano divisi in due quote uguali di 3 miliardi di euro. Dei sei miliardi di euro, oltre 2,35 miliardi di euro sono già stati erogati, 3,5 miliardi di euro aggiudicati e 5,6 miliardi di euro stanziati, con oltre 80 progetti già realizzati".
Ma i turchi vogliono tutto e subito. E agitano lo spauracchio del via libera generalizzato ai migranti sul loro territorio, che sono 3 milioni. Quanto si è visto ad agosto e a settembre è solo l’antipasto. Il ministro della Giustizia Suleyman Solu ha fatto sapere la scorsa settimana che dal settembre sono stati fermati 64.920 migranti che volevano raggiungere l’Ue e che nei primi nove mesi del 2019 erano stati in tutto 315mila. La minaccia di Erdogan è tanto chiara quanto spudorata. O tacete sull’invasione turca della Siria o riapriamo il flusso.
"Non possiamo accettare un ricatto tra l’accoglienza fornita dalla Turchia, meritevole ma con fondi europei, e l’offensiva in Siria" replica il premier Conte. Oltre alle parole servono però fatti. E l’impressione è che solo sanzioni congiunte europee e americane potrebbero far cambiare idea alla Turchia.