L’idea che i potenziali interessati non siano necessariamente entusiasti non lo sfiora nemmeno. A 12 giorni dal ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump apre il concorso per l’annessione agli Stati Uniti dei candidati pubblicamente graditi: Groenlandia, dove spedisce il figlio Donald Jr in fugace avanscoperta; Canada, già battezzato "51° Stato" degli Usa; Canale di Panama. E a Panama quel "Benvenuti al Canale degli Stati Uniti!" pubblicato su Truth a corredo fotografico del tratto navale viene già considerato una seria minaccia.
"Il popolo della Groenlandia deve decidere del proprio futuro e credo che voglia essere parte dell’America", profetizza su X Elon Musk, a conferma che nessuno scherza. Trump lo dimostra nella conferenza di Mar-a-Lago dove annuncia il rebranding del Golfo del Messico in "Golfo d’America" e non esclude "l’uso della forza" sia per la riconquista del Canale di Panama sia per l’annessione della Groenlandia. Questo nell’ipotesi di referendum sgradito a Copenhagen (minacciata di "dazi molto alti"). In entrambi i casi questione di "sicurezza economica", smania il leader che potrebbe chiedere agli alleati della Nato spese militari "fino al 5% del Pil".
Appartenente al Regno di Danimarca che la difende militarmente e la controlla finanziariamente, ma indipendente in ambito legislativo, giudiziario e nella gestione delle risorse naturali, la Groenlandia, 56.241 abitanti su 2.166.086 km quadrati, è la nazione meno popolata della Terra ma anche una delle più ricche di minerali. Ci sono diamanti, oro, platino, uranio e piombo, petrolio e gas naturale. Soprattutto abbondano le terre rare. Le prospezioni geologiche e le stime degli esperti ipotizzano una capacità estrattiva pari a 60mila tonnellate annue di minerali come eudialite e feldspato, da cui si ricavano tantalio, zirconio e niobio, tutti metalli superconduttori indispensabili nei settori dell’intelligenza artificiale, dell’elettronica, dell’industria della difesa, aerospaziale e automobilistica. Il problema è che i groenlandesi hanno una forte coscienza ecologista e anche un nordico senso dell’ironia. Così, giusto prima dell’arrivo di Trump Jr, il ministro degli Esteri Mininnguaq Kleist dichiara: "Il nostro è un Paese aperto, accogliamo i visitatori...", anche quelli che si fermano poche ore come il figlio del presidente americano. Una toccata e fuga all’unico scopo di permettere a Donald sr un trionfalistico post su Truth: "Accoglienza grandiosa, loro (ndr, i groenlandesi) e il mondo libero hanno bisogno di sicurezza, protezione, forza e pace!". Slogan finale scontato: "Make Greenland Great Again!". Così alla premier danese Mette Frederiksen resta un solo commento: "La Groenlandia appartiene ai groenlandesi". Ma le avances vengono prese sul serio. Prova ne sia l’aggiornamento dello stemma di Re Federico X rendendo più visibili i simboli della Groenlandia e delle Faroe (un orso polare e un ariete). Quasi un messaggio in codice.
Dopo le dimissioni del premier Justin Trudeau, anche il vicino Canada (più grande degli Stati Uniti ma con appena 40 milioni di abitanti) diventa obiettivo geopolitico: "Se si fondesse con gli Stati Uniti, non ci sarebbero tariffe, le tasse diminuirebbero notevolmente" e i canadesi "sarebbero totalmente sicuri dalla minaccia delle navi russe e cinesi. Insieme, che grande Nazione sarebbe", si allarga The Donald, ora osservato con preoccupazione anche da Panama. Per Trump il rinnovo 2021 della concessione dei porti di ingresso alla cinese Hutchison-Whampoa (l’ex conglomerata di Hong Kong ora controllata da Pechino) violerebbe i trattati. "Noi abbiamo dato il Canale a Panama. Non alla Cina".