di Aldo BaquisTEL A VIV"Da tempo non sentivo una falsità del genere": la sorpresa del premier albanese Edi Rama è stata totale quando lunedì da Israele gli è rimbalzata una notizia secondo la quale "Tirana è impegnata in colloqui con l’amministrazione Trump relativi all’immigrazione in quel Paese di 100mila palestinesi di Gaza". "Nessuno ci ha chiesto niente, non abbiamo mai preso in considerazione una responsabilità del genere", ha subito replicato Rama su X, scrivendo poi di proprio pugno che si tratta di "fake news". Ma ormai nelle relazioni internazionali in fase di ebollizione dopo l’insediamento di Donald Trump tutto è possibile, o almeno verosimile.
Nelle stesse ore, infatti, il presidente Usa – che con una lettera ha invitato formalmente Netanyahu alla Casa Bianca la settimana prossima – tornava per la seconda volta in pochi giorni sul proprio progetto di rimuovere temporaneamente parte della popolazione di Gaza per ricostruire la Striscia e avviarla al benessere economico. "Vorrei che vivano senza paura. Gaza è stata un inferno per così tanti anni. Potrebbero vivere meglio e in aree più confortevoli". Trump ritiene che la Giordania e l’Egitto potrebbero accogliere nel proprio territorio buona parte dei palestinesi di Gaza. Secondo i media Usa, ha aggiunto di averne parlato direttamente col presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi: "È un mio amico. L’ho aiutato molto e spero che lui ci aiuterà. Penso che lo farà e che il re di Giordania farà altrettanto". Ma dal Cairo sono giunte espressioni di stupore: di quella telefonata fra Trump e al-Sisi non si è trovata conferma. In ogni caso, l’Egitto, la Giordania e la leadership palestinese hanno già chiarito in maniera inequivocabile la propria opposizione al trasferimento in massa di palestinesi da Gaza.
Non a caso, nella zona è in arrivo l’emissario personale di Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Ieri era in Arabia Saudita, oggi sarà a Gerusalemme, poi visiterà la Striscia di Gaza. Parlerà delle necessità di stabilizzare la tregua e di puntare alla normalizzazione dei rapporti fra Israele e Arabia Saudita anche con importanti iniziative economiche. All’inizio del mese, a Witkoff è stato attribuito il progetto di sistemare temporaneamente parte degli abitanti di Gaza in Indonesia: un’iniziativa che ha colto di sorpresa Jakarta, che ha subito manifestato opposizione.
Secondo un giornalista della televisione israeliana Canale 12, questi ballon d’essai potrebbero avere un filo comune. Il governo israeliano, ha affermato, comprende che l’opposizione di Egitto e Giordania non sarà superata. Così sono nate le idee di esplorare "l’ipotesi albanese, quella indonesiana e anche il possibile trasferimento in Canada di migliaia di famiglie di Gaza". "Le parole di Trump – secondo la tv – non sono lapsus". Lo pensa anche il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, leader del partito di estrema destra “Sionismo religioso”. "Il presidente USA – ha affermato – dà prova di saggezza e realismo, comprende che Gaza è un pantano di terrorismo che genera sofferenza. Nel lungo termine, l’unica soluzione è l’incoraggiamento dell’emigrazione. Opero col premier per elaborare progetti operativi e realizzare la visione di Trump".
Fra tante sorprese, una giunge da Hamas. Un suo dirigente, Mussa Abu Marzuk, ha definito Trump "un leader pragmatico". Se gli Usa hanno dialogato con chi bollavano come "terroristi", come i talebani e jihadisti ora al potere in Siria, nulla impedisce – secondo lui – che un giorno parlino anche con Hamas. Con la tregua Witkoff ha dato buoni risultati: "Se Trump è serio – ha concluso – siamo pronti a negoziare con gli Usa".