Venerdì 22 Novembre 2024
REDAZIONE ESTERI

“Da presidente avrei bombardato Russia e Cina”. L’uscita di Trump secondo il Washington Post

Così il tycoon avrebbe parlato a una ristretta cerchia di finanziatori durante uno degli incontri di fundraising

Donald Trump e Vladimir Putin in una foto del 2019 (Ansa)

Donald Trump e Vladimir Putin in una foto del 2019 (Ansa)

Washington, 29 maggio 2024 – "Se fossi stato io presidente avrei bombardato Mosca e Pechino”. Lo ha lasciato intendere Donald Trump ad alcuni finanziatori della sua campagna elettorale, secondo quanto riporta il Washington Post.  Il quotidiano americano ha raccolto le confidenze di 11 finanziatori che hanno parlato ha condizione di anonimato. Ne emerge il quadro di un uomo incline a promesse e dichiarazioni altisonanti per accaparrarsi più soldi possibili. E’ noto che il tycoon, alle prese con quattro procedimenti penali, sia in crisi di liquidità. Le riserve se ne stanno andando in spese legali. 

Mentre promette di tagliare le tasse e approvare progetti dei colossi petroliferi, agli incontri con i potenziali sostenitori, Trump discute di inflazione, immigrazione e politica estera. 

Durante uno di questi incontri "ha fatto capire che da presidente avrebbe bombardato Mosca e Pechino se la Russia avesse invaso l’Ucraina o la Cina avesse invaso Taiwan”, scrive il Post. Un’uscita che ha “sorpreso i suoi finanziatori”.

Trump non ha mai nascosto le sue posizioni anti-Nato, nonché la simpatia per Vladimir Putin. Si è sempre pronunciato contro gli aiuti degli Stati Uniti all’Ucraina e recentemente ha detto di pensare a un accordo con il presidente russo per “la pace”. Tutte cose che evidentemente cozzano con le ultime dichiarazioni fatte a porte chiuse. 

L’audace raccolta fondi di Trump

Il focus dell’articolo di Josh Dawsey sul WP non riguarda la posizione di Trump rispetto alla guerra ma l’“audace tour di raccolta fondi”, in vista delle elezioni di novembre. 

"Negli ultimi mesi Trump ha incontrato un assortimento di dirigenti del settore immobiliare, legale, finanziario, petrolifero e di altro tipo, stando alle persone che hanno familiarità con le liste di invito”, scrive Dawsey.  Alcuni di questi incontri si sono tenuti nel resort di Mar-a-Lago o nel suo appartamento di New York. Trump non si farebbe scrupoli a rilanciare sulle somme di finanziamento proposte. Durante un rendez-vous in un hotel di lusso a New York avrebbe chiesto a un uomo di affari che aveva appena messo sul piatto 1 milione di dollari di moltiplicare la sua offerta. “Non pranzerò finché non passi a 25 milioni”, avrebbe detto il tycoon, secondo quanto riferiscono i presenti. E’ molto di più di quanto la legge gli consentirebbe di chiedere. Della tattica di ‘adescamento’ dei finanziatori fanno parte le promesse elettorali. Non ci sono i presupposti per ipotizzare dinamiche corruttive, ma i resoconti rendono l’idea dello stile spregiudicato del tycoon. Lo stesso stile hanno le parole su Cina e Russia. “Da presidente avrei bombardato”, è una frase che davvero manifesta un’intenzione politica o è piuttosto un tentativo di convincere qualche finanziatore scettico in sala?