Roma, 12 novembre 2024 – Uno ‘zar’ che non vuole mollare e prendersi tutto il bottino di guerra, un presidente pronto a disimpegnarsi e un’Europa che non lascerà sola l’Ucraina. Nona Mikhelidze, Responsabile di ricerca presso l'Istituto Affari Internazionali, ha spiegato perché il piano di pace di Trump potrebbe essere rigettato dallo stesso Putin, che in questo momento si sente in una posizione di forza.
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Nona Mikhelidze, Trump ha un programma in politica estera ambizioso, ma crede che Putin lo aiuterà nel realizzarlo?
“Non vedo Putin propenso a chiudere la partita. Il mio pensiero è che dopo inaugurazione Trump farà subito la sua proposta di pace al Cremlino. Ma Putin, in questo momento, pensa di essere dalla parte del vincente e che con l’elezione di Trump la democrazia liberale abbia ricevuto il suo colpo definitivo e che gli europei non saranno mai in grado di sostituirsi agli Stati Uniti per la difesa dell’Ucraina”.
E questo a cosa può portare?
“Putin pensa che la guerra potrà andare avanti ancora per un po’, forse uno o due anni. Intanto Trump si ritira dall’Ucraina e lascia a lui campo libero per conquistare tutti gli obiettivi. Questo si augurano al Cremlino”.
Che idea si è fatta del piano di pace di Trump?
“È difficile farsi un’idea di un documento di cui nessuno sa bene in che cosa consista. Ci sono molte versioni che circolano. L’ultima in ordine temporale ha tre punti principali. Si congela il conflitto, si militarizza il confine per 1300 chilometri lungo il fronte e si rimanda l’ingresso dell’Ucraina nella Nato per 20 anni. Se queste sono le condizioni, possiamo stare certi che Putin non accetterà mai”.
Cosa la fa essere così sicura delle intenzioni del presidente russo?
“Ci sono vari motivi per cui sono sicura di questa cosa. Il primo è che molti dimenticano troppo spesso che questa non è una guerra territoriale. Non è un conflitto per ottenere territori che già possedeva come la Crimea e le repubbliche autoproclamate, Donetsk e Lugansk. È vero che dal 2022 ha ottenuti altre porzioni del territorio ucraino. Ma nel dibattito pubblico l’attenzione si concentra su Crimea o Donbass. Putin li controlla già anche senza il riconoscimento del diritto internazionale. C’è poi la questione della demilitarizzazione. Questa è stata inclusa anche negli accordi di Minsk e non è stata mai implementata. Non c'è il motivo per cui la Russia debba ritirare le truppe dalla linea del contatto. Quale sarebbe il guadagno per Putin? Avere un conflitto congelato con il territorio distrutto da ricostruire alle sue spese e questo da fare tutto nel contesto sanzionatorio? Riguardo alle sanzioni, poi, c’è un’altra cosa che dimentichiamo troppo spesso”.
Quale?
“Ci sono le sanzioni americane, ma ci sono anche le sanzioni europee, che pesano di più sull’economia russa perché colpiscono il commercio. Il volume del commercio fra la Russia e i Paesi europei era molto ma molto maggiore di quello fra la Russia e gli Stati Uniti. Le sanzioni degli Stati Uniti sono importanti nella misura in cui sanzionano i paesi terzi che aiutano alla Russia di evadere”.
Quindi insomma Putin non si ferma…
“Non si ferma perché, come ho detto, questo non è un conflitto territoriale. La Russia vuole il controllo politico su Kiev. Se viene approvato l’accordo di Trump, Putin rimane senza il suo obiettivo politico primario. Altra questione, sempre nel contesto delle sanzioni, è quella economica”.
L’economia russa è stata totalmente riconvertita in economia di guerra…
“Appunto. Come farà Putin a mandare avanti, sempre nel contesto delle sanzioni, l’economia locale che ora sopravvivere con il sistema finanziario solo per il fatto che si è trasformata in economia di guerra? E soprattutto: se l’economia non viene riconvertita, significa che si starà preparando a invadere nuovamente l’Ucraina fra un anno o due”.
Che farà l’Unione Europea secondo lei?
“La presidenza di turno passa dall’Ungheria alla Polonia, che è una grande sostenitrice di Kiev e si sta muovendo nella giusta direzione. Si sta venendo a formare un blocco di Paesi dell’Europa Orientale e dell’Europa del Nord più la Gran Bretagna, che spostano l’asse geopolitico europeo in questa direzione. Le spese per la difesa sono un indicatore interessante. La Polonia sta per raggiungere il 5% del Pil e Paesi baltici stanno raggiungendo la stessa soglia”.
I soldi però mancano…
“Non dimentichiamo che in Europa ci sono sempre 300 miliardi di asset russi congelati nelle banche europee. Quindi, come primo passo, anche come un segnale, si può cominciare da lì e usare quei soldi come l'assicurazione per Kiev nel caso Trump abbandonasse l'Ucraina”.