Roma, 9 gennaio 2025 – Un Trump 2.0, molto sicuro di sé stesso e senza nessun ostacolo dentro e fuori il Paese, abituato a tenere alta l’attenzione attorno alla sua figura e che non è nuovo a questo tipo di esternazioni. Gianluca Pastori, docente alla facoltà di Scienze Politiche all’Università Cattolica e ricercatore Ispi ha spiegato come collocare i messaggi del presidente eletto.
Professor Pastori, Trump in campagna elettorale si è più volte vantato di non aver mai fatto una guerra in vita sua. Però a giudicare dai toni degli ultimi giorni ha cambiato idea…
“Dalle ultime dichiarazioni sembra essersi ridotto a più miti consigli, cioè parla di pressioni economiche e non militari. I termini della questione però cambiano poco. Si tratta di un Donald Trump molto più aggressivo di quanto non fosse all’epoca del suo primo mandato”.
Come mai c’è stato questo cambio di paradigma?
“Credo che la cosa si possa spiegare tenendo conto di due fattori. In primo luogo, Trump si sente molto più forte di quanto non si sentisse otto anni fa. Ha un partito dietro e dopo i risultati elettorali è convinto di avere un sostegno forte da parte dell’opinione pubblica. Si sente investito di una missione, in qualche modo, quella di difendere gli interessi americani con qualunque mezzo ritenga opportuno. E pensa che la sua rielezione sia una sorta di cambiale in bianco che gli è stata data dagli americani. In secondo luogo, Trump è sempre stato una figura, da presidente, ex-presidente, candidato presidente che ha sempre cercato di tenere alta la tensione interna, trovando qualcosa che, vero o falso, galvanizzasse il suo elettorato. Certe frasi su Panama, Canada e Groenlandia servono comunque a tenere alta l’attenzione attorno alla sua figura”.
Sarà anche così, ma certe dichiarazioni hanno un peso e relative conseguenze…
“Anche durante il primo mandato ha condotto questa politica. Il muro con il Messico, che avrebbe dovuto essere pagato dal governo messicano e che non si è mai fatto. Il Muslim Ban Act, che è stato implementato ma sostanzialmente smantellato subito dalla magistratura senza che poi l’amministrazione facesse nulla per rimpiazzarlo con qualcosa di diverso. I tentativi di ridimensionare l’Obama Care: anche questi non hanno portato praticamente a nulla. Alla fine, paradossalmente, la sua forza è proprio questa: la capacità di mantenersi sempre al centro della scena, con dichiarazioni sempre nuove”.
Le esternazioni di Trump però sono state molto assertive e riguardano l’ordine globale. Con tutte le dovute differenze, sembra Putin che annette fette di territorio non sue dopo averle invase…
“Effettivamente sì. Abbiamo un Trump che è molto più putiniano. Un Trump che può permettersi, a mio modo di vedere, di assumere certi atteggiamenti. Non solo è più forte per le ragioni spiegate prima, ma dall’altra parte ha un partito democratico che deve elaborare le ragioni della sconfitta, chiudere un ciclo generazionale e trovare nuovi leader. Per il momento Trump può permettersi di essere sopra le righe”.
Intanto che i democratici si ricompattano, come fa l’Europa a relazionarsi a un presidente così assertivo?
“In questo momento stiamo vedendo una sorta di Trump 2.0. Anche otto anni fa il presidente francese, Emmanuel Macron, era un po’ il capofila dell’autonomia strategica europea. In questo lasso di tempo, però, ha fatto pochi passi avanti. L’Ue è più debole rispetto al 2017, molti governi sono in crisi per le spinte sovraniste e le divisioni. Continua ad andare in ordine sparso. Anche questo agevola Donald Trump”.