Washington, 7 marzo 2018 - Rischia di trasformarsi in bufera il sexgate che da mesi, ormai, aleggia su Donald Trump. Dopo le rivelazioni sul presunto tradimento del tycoon con la ex pornostar Stephanie Clifford, alias Stormy Daniel, e le dichiarazioni di lei che invoca il test del dna sull'abito come Monica Lewinsky, ora arriva anche la causa nei confronti del presidente americano. A inoltrarla la stessa Clifford che afferma come il suo accordo per tacere sulla presunta relazione con Trump sia nullo. Questo perchè il tycoon non lo avrebbe mai firmato.
La notizia viene riportata dal Washington Post che spiega come la causa sia stata avviata presso un tribunale di Los Angeles. Dalle carte emergerebbe come l'allora candidato presidenziale non abbia mai approvato il pagamento di 130 mila dollari che il suo avvocato sborsò nel 2006 per il silenzio della donna.
LE TAPPE - Tutto è cominciato lo scorso 12 gennaio, quando il Wall Street Journal ha rivelato che la 38enne Clifford era stata pagata per mantenere il silenzio su una relazione sessuale con Trump, ai tempi in cui era già sposato con Melania. I due si sarebbero incontrati in più occasioni nel 2006, quattro mesi dopo la nascita di Barron, figlio di Donald e Melania Trump. Fra gli altri dettagli, la causa presentata adesso sottolinea che l'attrice e Trump hanno intrattenuto la relazione intima, cominciata a Lake Tahoe in California, fra l'estate del 2006 e "buona parte del 2007". Il miliardario ha sposato Melania Knauss nel 2005 e il figlio Barron è nato a marzo del 2006. La Casa Bianca aveva smentito le notizie di stampa, definite vecchie informazioni riciclate che erano state pubblicate e smentite con veemenza prima delle elezioni. In febbraio il legale del tycoon aveva però confermato l'esistenza di un accordo con l'attrice e aveva parlato di una transizione avvenuta nel 2016.
LE GRANE PER TRUMP - La causa è solo la punta dell'iceberg che si staglia davanti a Trump. Il tycoon nella notte italiana ha incassato le dimissioni di Gary Cohn, tra i principali consiglieri economici del presidente Usa e in aperto contrasto con l'annunciata politica aggressiva sui dazi per allumino e acciaio. Parallelamente, Bloomberg riferisce - citando fonti vicine al dossier - che l'amministrazione Usa sta considerando una stretta senza precedenti sugli investimenti di Pechino negli Stati Uniti e l'imposizione di dazi su una larga fetta delle importazioni dalla Cina. L'obiettivo è quello di punire il Paese guidato da Xi Jinping, accusato di furto sul fronte dei diritti di proprietà intellettuale.