Giovedì 23 Gennaio 2025
Claudia Marin
Esteri

Resa dei conti con l’Ue, Trump minaccia dazi: “Usa trattati male”. E chiede più contributi per la Nato

Pressing su Putin: “Sanzioni alla Russia se non tratta sulla pace in Ucraina”. Von der Leyen pensa a tariffe anti-americane e Lagarde tira dritto sul calo dei tassi

Roma, 23 gennaio 2025 –  Donald Trump brandisce l’arma dei dazi, delle tasse e delle sanzioni (ma anche del ritiro dei soldati americani dal vecchio Continente) con intenti economici, ma anche eminentemente politici. E così, dopo Canada e Messico, nel mirino del presidente Usa finiscono, come ha minacciato in più occasioni, Unione europea e Cina, ma anche la Russia. Il messaggio per Putin, con il quale, però, ripete di “avere sempre avuto una buona relazione”, è diretto: se non ci sarà un accordo a breve per l’Ucraina “non avrò altra scelta se non imporre più tasse, dazi e sanzioni su tutto quello che viene venduto dalla Russia negli Stati Uniti”.

Donald Trump
Donald Trump

Le prime mosse di Trump, dunque, rispettano, sul fronte della politica estera, il copione annunciato. Ma, almeno a parole, l’Europa tenta di trovare la via di una reazione che vada oltre il silenzio o l’attesa. Da qui le parole di Cristine Lagarde (“Dobbiamo essere preparati”) e di Ursula von der Leyen, che lasciano intravedere l’ipotesi di una reazione a colpi di intese commerciali con Paesi terzi, mentre un gruppo come Stellantis si dice pronto a nuovi investimenti Oltreoceano (non a caso John Elkann ha incontrato il tycoon prima del giuramento). La Casa Bianca ringrazia: tornano 1.500 posti di lavoro in Illinois.

Dazi in arrivo per Europa e Cina

A tre giorni dall’insediamento, il presidente insiste nel suo mantra: chiunque proverà di ostacolare il suo piano per “rendere l’America di nuovo grande” la pagherà cara. Ieri è stata la volta degli ultimatum all’Europa, non a caso nei giorni del Forum economico di Davos, dove interverrà oggi. “Ci trattano molto, molto male e se non correggeranno gli squilibri commerciali dovranno pagare i dazi”, avvisa durante un evento per il lancio di Stargate, la joint-venture da 500 miliardi di dollari per costruire l’infrastruttura necessaria all’intelligenza artificiale. “Non c’è solo la Cina – insiste – che si approfitta di noi. Con l’Ue abbiamo un deficit di 350 miliardi di dollari”. Un preavviso di estensione, verso Bruxelles e Pechino, dei dazi del 10 per cento imposti a Messico e Canada.

L’Europa tenta  la resistenza

In prima fila, nel tentativo di reazione alle parole di Trump, scende in campo la presidente della Bce Christine Lagarde, che sostiene di “non essere sorpresa” e sollecita l’Europa “a prepararsi”: “Questo significa mettere in campo grandi investimenti utilizzando la grande capacità di risparmio dei cittadini europei che ora viene spesso indirizzata verso i mercati extra-europei”. E Von der Leyen ipotizza tariffe sui prodotti americani, intese a raffica coi Paesi terzi a cominciare da quelli messi nel mirino da Washington, forte spinta al Made in Europe. La presidente della Commissione sottolinea il lavoro di “milioni di persone”, su entrambi i lati dell’Atlantico: “Ma oltre ai numeri c’è molto di più. Amicizie, legami familiari, storia e cultura comuni. Un aspetto che terremo sempre presente”. Come dire: serve a tutti una pax commerciale. Ma siamo pronti alla battaglia. E a spingere in questa direzione è il premier polacco Donald Tusk, il “Donald europeo” che incalza: “Siamo noi a decidere il nostro futuro, non gli Usa o la Cina”.

La riduzione in Europa dei militari Usa

L’altra arma brandita da Trump riguarda il pressing perché i Paesi europei aumentino le spese militari in rapporto al Pil. È noto che il presidente Usa parli del 5%. Come è altrettanto noto che il target appare complicato, se non impossibile, da raggiungere. E il ministro Guido Crosetto lo spiega senza giri di parole. Ma l’Alto rappresentante dell’Ue Kaja Kallas si schiera con gli Usa: “È tempo di investire”. La novità delle ultime ore, però, riguarda l’intenzione di Trump di ridurre la presenza delle truppe Usa in Europa di circa il 20% – ovvero di circa 20mila uomini – come parte della revisione del suo impegno alla protezione dell’Europa. Non basta. Per gli altri 80mila militari che restano vorrebbe un contributo finanziario da parte dei Paesi europei.