
Il tycoon: "I miei inviati in Russia" . Ma sulla tregua Mosca non ha fretta. .
di Marta OttavianiROMAIl presidente americano, Donald Trump, ha fretta. A 24 ore dall’incontro fra la delegazione americana e quella ucraina, il team di Washington è già diretto verso Mosca, per incontrare la controparte e capire quali siano le sue intenzioni. A rivelarlo è stato proprio l’inquilino della Casa Bianca, secondo il quale ‘ci sono buona possibilità per la pace’ e che spera ‘di non dover esercitare pressioni sulla Russia’ perché, se necessario ‘ci sono cose che si possono fare che non sono piacevoli in termini finanziari e che per la Russia sarebbero molto negative’. Trump ha anche ribadito che spera di parlare direttamente con Putin al più presto. Paese avvisato, mezzo salvato, insomma.
La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha poi precisato che ad andare a negoziare in Russia (arriverà domani) sarà Steve Witkoff, inviato speciale per il Medio Oriente che di recente ha già trattato con il Cremlino il rilascio del detenuto americano Mark Fogel.
Da Mosca, per il momento, è arrivato tutto fuorché un messaggio rassicurante. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zacharova, ha dichiarato perentoria che "Le notizie principali per noi arriveranno da qui. La formazione della posizione della Russia non avviene all’estero o a spese degli sforzi di altre parti. La formazione della posizione della Russia avviene in Russia". Dello stesso avviso anche la stampa nazionale, secondo la quale l’unico modo in cui Putin potrebbe accettare la tregua sarebbe alle sue condizioni. Una di queste potrebbe essere la sospensione delle armi all’Ucraina da parte degli Usa. Nella mattinata di ieri è intervenuto sulla questione anche il Ministero degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Intervistato dai blogger statunitensi Mario Nawfal, Larry Johnson e Andrew Napolitano, il capo della diplomazia di Mosca si è detto convinto che Trump non concederà all’Ucraina quelle garanzie di sicurezza che Kiev chiede con insistenza finché ci sarà Zelensky e che lo stesso presidente americano è ben conscio che i motivi del conflitto risiedono nell’espansione della Nato, che ha creato una minaccia per la Russia. Lavrov ha poi attaccato l’Unione Europea, prendendosela per prima cosa con la presidente della Commissione, Ursula Von del Leyen. "Fuhrer Ursula sta mobilitando tutti per rimilitarizzare l’Europa – ha detto Lavrov, aggiungendo subito dopo in modo sibillino -. Quei politici che spingono l’Ucraina a proseguire nella guerra contro la Russia potrebbero anche cercare di non considerare il presidente degli Stati Uniti Donald Trump".
Il riferimento, nemmeno troppo velato, è soprattutto al premier inglese, Keir Starmer, e al presidente francese, Emmanuel Macron, in prima linea nella necessità di continuare ad aiutare militarmente Kiev anche senza gli americani.
La guerra, intanto, va avanti, con la Russia che sta cercando di rimandare la sua risposta a Trump il più possibile per continuare la riconquista della regione di Kursk, parzialmente occupata dagli ucraini lo scorso agosto e che rappresenta la principale moneta di scambio nelle mani del Paese invaso, in vista di potenziali negoziati, ai quali il Cremlino si presenta con il 20% del territorio ucraino sotto il suo controllo. La conferma arriva dalla stessa Kiev: le truppe del Cremlino sono entrate nella città di Sudzha, determinate a conquistarla definitivamente. L’Ucraina ha risposto bombardando. I missili sono caduti su un’officina, causando la morte di quattro lavoratori.