Roma, 20 gennaio 2025 – Un presidente determinato a fare gli interessi del proprio Paese e a tenere testa alla Cina, anche quando le sue uscite sembrano solo delle provocazioni. Donald Trump si insedia oggi 20 gennaio e secondo l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, diplomatico di lungo corso dobbiamo aspettarci che metterà in atto tutto quello promesso in campagna elettorale.
Ambasciatore Nelli Feroci, ormai ci siamo. Donald Trump si insedia e dobbiamo aspettarci che darà la priorità agli interessi americani, coerentemente con l’America First ripetuto fino all’ultimo giorno di campagna elettorale. Intanto però inizia con una tregua in Medioriente che ha cercato di fare passare per merito suo…
“Sul fronte Medioriente, Trump è stato molto meno esplicito che su altre questioni, probabilmente perché consapevole della complessità della regione. Mi pare però che in questo accordo sia stato più che altro determinante la volontà del premier Netanyahu. È abbastanza curioso che il negoziato si sia sbloccato dopo mesi proprio a pochi giorni dall’insediamento di Trump, che ha sempre guardato con favore a Israele. Sembra un po’ il favore fatto a un amico. Non possiamo ancora sapere con certezza quelle che saranno le intenzioni di Trump su Medioriente. Ma possiamo aspettarci che sarà molto più allineato sulla linea del governo Netanyahu, che sta vincendo su tutti i fronti”.
Come colloca le dichiarazioni di Trump sulla Groenlandia, il canale di Panama e il Canada?
“C’è una componente di provocazione in tutte e tre ma non le metterei sullo stesso piano. E dietro le sue parole c’è una strategia. Sulla Groenlandia, per esempio, aveva messo gli occhi già dal suo primo mandato. Non penso che lo vedremo mai occupare l’isola manu militari, ma sicuramente cercherà di ottenere condizioni migliori per lo sfruttamento di alcune risorse naturali”.
Lo stesso pragmatismo si può adattare alla questione di Panama e del Canada?
“Anche il Canale di Panama è una vecchia storia e anche qui non mi riesco proprio a immaginare i Marines che arrivano a prendere possesso del territorio. Anche perché la sovranità del governo panamense è sancita da un trattato internazionale che fu firmato dall’allora presidente Carter. Credo che in questo caso il presidente sia preoccupato per il fatto che il canale finisca in qualche modo de facto sotto il controllo cinese. Trump ha lamentato più volte un eccessivo passaggio di navi cinesi. Anche in questo caso le sue parole possono essere un posizionamento tattico per ottenere dalle autorità panamensi un maggiore controllo sul passaggio attraverso il canale. Infine, quella del Canada mi pare davvero una boutade. Credo che nei primi mesi del suo mandato si concentrerà su altro”.
Su cosa?
“Per prima cosa, credo che Trump voglia realizzare quel programma massiccio di deportazioni di immigrati illegali che si trovano attualmente negli Stati Uniti e che potrebbero cercare scampo proprio in Canada. E poi c’è la minaccia, molto concreta di introdurre, anche con il Canada, dazi e tariffe che colpirebbero un rapporto di interdipendenza economica molto importante. L’economia canadese e quella statunitense sono molto interconnesse”.
Pare che Trump sia facendo dei dazi un’arma commerciale, soprattutto nella competizione con la Cina…
“Diciamo che dai dazi di Trump si sentono minacciati un po’ tutti. Certamente, con la Cina è stato molto esplicito, parlando di dazi fino al 60% del valore delle merci. Su altri possibili destinatari è stato più vago, ma è possibile che ci provi. Nel caso degli europei, può essere uno strumento per indurli a ridurre quello che per lui è il problema maggiore e che è il deficit commerciale. Si sta attrezzando con gli economisti, qualcosa farà. Per il momento queste minacce non hanno indotto i mercati a preoccupazioni particolari, quindi credo ci dovremo aspettare qualcosa e anche molto rapidamente”.