Giovedì 23 Gennaio 2025
ANTONIO TROISE
Esteri

Trump, l’economista De Romanis: “L’Europa saprà reagire. Ma serve più integrazione”

La docente della Luiss: abbiamo affrontato crisi finanziaria, Covid e guerra. “Le mosse del tycoon imporranno dei cambiamenti, c’è bisogno di unità”

Roma, 23 gennaio 2025 – L’Europa saprà reagire a Trump, ma deve essere unita. “Non abbiamo bisogno di un singolo Paese che faccia da ponte con l’altra sponda dell’Atlantico”. Veronica De Romanis, economista e saggista, con una cattedra alla Luiss di Roma e alla Stanford University di Firenze, non si iscrive al coro di chi un giorno sì e l’altro pure si lamenta dell’Europa. “Basta guardare a quello che è successo nelle tre crisi precedenti: quella finanziaria, quella pandemica e quella bellica. In tutti questi casi l’Europa ha messo in campo strumenti importanti e inimmaginabili fino ad allora, come il Quantitative easing, che durante il Covid è stato rafforzato, o il Next Generation Eu. Se la Trumponomics sarà la quarta crisi, dobbiamo essere moderatamente ottimisti: anche questa volta ci sarà una reazione. La Bce, ad esempio, ha a disposizione ben quattro strumenti straordinari di politica monetaria. C’è il Mes. Insomma, abbiamo una cassetta degli attrezzi molto fornita. E poi possono essere creati altri strumenti”.

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Ma non sarebbe necessaria anche una nuova governance per rafforzare le modalità di intervento dell’Europa?

“Il tema della rapidità delle decisioni rispetto a Trump, che ha fatto della velocità una cifra del suo modo di fare politica, è sul tappeto. Sicuramente bisognerà fare un salto in avanti verso una maggiore integrazione. Da questo punto di vista, l’unione dei capitali rappresenta un passaggio fondamentale per dare all’Europa più risorse e renderla più forte”.

Non sarebbe il caso di mettere da parte il Green Deal o, perlomeno, rivederne la strategia?

“Più si aspetta e più aumentano i costi di questa transizione. Il cambiamento climatico non si ferma perché è arrivato Trump. Sappiamo bene che tutte le transizioni costano molto quando partono, ma poi danno grandi benefici. E allora c’è soprattutto un problema di risorse e serve, perciò, una maggiore integrazione. Si parla di debito comune, ma ciò presuppone anche tasse comuni e quindi un ministro dell’Economia europeo”.

Veronica De Romanis
Veronica De Romanis

Un sogno?

“Abbiamo sempre visto che, ogni volta che c’è stata una crisi, l’Europa ha reagito con forti cambiamenti. Il processo di integrazione è in corso; le nuove regole fiscali e di bilancio vanno in quella direzione. Non possiamo tornare indietro. Non avrebbe senso”.

Però dovremo fare i conti con i dazi di Trump.

“Vedremo. Intanto registro che, rispetto al ‘Trump 1’, questa volta il contesto è molto diverso. L’economia cresce di poco meno del 3% e c’è un mercato del lavoro in ottima salute. Introdurre i dazi rischierebbe di alimentare l’inflazione, spingere la Fed a restringere la politica monetaria, con la conseguenza di innalzare i tassi di interesse con un impatto forte sul disavanzo e sul debito americano. Forse, nel breve periodo i nuovi dazi potrebbero dare un vantaggio, ma nel medio sarebbero un boomerang. In ogni caso, se dovesse decidere in questa direzione, l’Europa dovrebbe reagire in maniera unitaria”.

Sembra che la premier Meloni abbia già affrontato la questione con il neo presidente?

“Bisogna capire con quale mandato, se parlava a nome degli altri ventisei partner europei. Non abbiamo bisogno di un singolo Paese che faccia da ponte con l’altra sponda dell’Atlantico. Altrimenti rischiamo di fare il gioco di Trump, che vuole seguire la strada degli accordi bilaterali disaggregando e indebolendo l’Europa”.

Non serve anche una maggiore spinta verso la competitività del sistema?

“Certo, ed è l’obiettivo di von der Leyen. Abbiamo un gap di competitività dovuto a un divario di produttività che va colmato con investimenti privati e quindi con l’Unione dei capitali. Ma attenzione: all’interno dell’Europa l’Italia è uno dei Paesi messi peggio. Nel 2023, la produttività del lavoro è scesa del 2,5%, lo stesso calo di quella totale dei fattori. Dati che non sono stati al centro del dibattito pubblico perché di riforme si parla poco. Ma rimandare è una strategia miope, perché aumenta il nostro divario con gli altri Paesi europei. Alcune riforme le abbiamo inserite nel Pnrr. Bisogna spingere sull’acceleratore”.