di Giampaolo PioliNEW YORKDonald Trump è stato condannato per 34 capi di accusa relativi a documenti falsi della sua società, usati per occultare un pagamento di 130.000 dollari alla pornostar Stormy Daniels durante la campagna elettorale del 2016. Il denaro serviva a garantirne il silenzio su una presunta relazione con Trump. Tuttavia, il giudice Juan Merchan ha deciso per un’"assoluzione di fatto", assegnando a Trump un "unconditional discharge" per la sua posizione di presidente eletto, pur specificando che l’immunità vale per l’ufficio presidenziale, non per il cittadino che lo occupa.
La condanna non comporta pene detentive o pecuniarie, ma segna simbolicamente Trump come il primo presidente nella storia americana ad entrare alla Casa Bianca da "criminale condannato". Il giudice ha definito il caso "straordinario e paradossale" e motivato la decisione con la rielezione del tycoon, sottolineando che "il cittadino Donald Trump non avrebbe avuto le stesse tutele". Per questo tipo di reato, Trump avrebbe potuto affrontare fino a quattro anni di carcere.
La sentenza lascia però una macchia indelebile: benché abbia vinto le elezioni di novembre, Trump entra in carica con una fedina penale sporca. Durante l’udienza, cui ha assistito in videocollegamento dalla residenza di Mar-a-Lago con il suo avvocato Todd Blanche, il presidente eletto ha attaccato duramente il sistema giudiziario, definendosi vittima di una "caccia alle streghe politica" e promettendo appelli che potrebbero richiedere anni per concludersi.
Il processo segna anche un importante precedente legale: il giudice Merchan ha ricordato che la legge americana conferisce discrezionalità nella gestione delle accuse verso un presidente o presidente eletto, un principio enfatizzato dalla Corte Suprema. Tuttavia, la stessa Corte ha respinto la richiesta di Trump di bloccare la sentenza: i giudici conservatori John Roberts e Amy Barrett si sono uniti ai tre liberali, inviando un segnale di indipendenza dal presidente eletto.
Il caso Stormy Daniels chiude così un capitolo giudiziario per Trump, che durante la campagna elettorale ha affrontato quattro accuse penali contemporaneamente. Mentre gli altri procedimenti sono stati archiviati, il presidente eletto si prepara ad assumere il comando del Paese con una reputazione macchiata.
Resta aperta un’altra vicenda: il rapporto del procuratore speciale Jack Smith sui documenti segreti sottratti a Mar-a-Lago e sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Sebbene il ministro della Giustizia Merrick Garland non possa perseguire Trump legalmente per il suo ruolo negli eventi, il rapporto conferma che il tycoon era pienamente consapevole di quanto stava accadendo, alimentando nuove polemiche.
Nel frattempo, Trump deve anche affrontare l’impossibilità di concedersi la grazia, poiché l’accusa è stata intentata dallo Stato di New York, non dal governo federale. Ciò non ferma la sua retorica aggressiva: "Questo caso è una vergogna per il sistema giudiziario americano", ha dichiarato i tycoon, pronto a sfruttare la vicenda come arma politica.
Il verdetto riflette un’America profondamente divisa sui "due pesi e due misure" della giustizia, tra immunità istituzionale e responsabilità personale. Sul piano politico, resta il peso simbolico di una condanna senza pena: un leader che entra nella storia americana con l’ombra indelebile di un crimine.