Mercoledì 22 Gennaio 2025
MARTA OTTAVIANI
Esteri

Trump, nessun accenno a Bruxelles e Kiev: “L’America viene prima di tutto”

La presenza di Meloni conferma il disinteresse per la Ue e la scelta dell’asse con le destre internazionali

L’attesa in Ucraina per la cerimonia d’insediamento di Trump

L’attesa in Ucraina per la cerimonia d’insediamento di Trump

Roma, 22 gennaio 2025 - Il mondo e le priorità secondo Donald Trump. La cerimonia di insediamento ha rappresentato un vero e proprio manifesto programmatico del 47esimo presidente degli Stati Uniti, che il diretto interessato ha voluto condividere con chi ritiene allineato alla sia visione. Per questo lunedì, a Capitol Hill, più che le presenze si notavano le assenze. La prima è quella del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che si era praticamente autoinvitato, affermando che avrebbe partecipato se gli fosse arrivata una convocazione. Ma la casella delle lettere è rimasta vuota, probabilmente per non indispettire Vladimir Putin, con cui Trump deve parlare non solo di Ucraina, ma anche di Artico.

Altra assenza importate è quella di Keir Starmer, premier britannico laburista, entrato più volte in conflitto con i sovranisti nel Regno Unito e contrario al referendum sulla Brexit. Tanto che, nel suo programma, c’è un riavvicinamento all’Europa.

A proposito di Bruxelles, Giorgia Meloni era l’unica leader presente del Vecchio Continente. Ma questo non è detto che sia una buona notizia per l’Italia. La prima a essere stata snobbata infatti, è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Subito dopo ci sono il presidente francese, Emmanuel Macron, che pure Trump aveva definito subito dopo l’elezione “un suo amico”, e il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Due Paesi che si stanno contendendo la leadership e i loro leader erano stati fra i primi a congratularsi per la sua elezione.

Va detto che l’invito di leader stranieri alla cerimonia di insediamento non è prassi. Per questo quelli fatti in questa occasione hanno ancora più significato. È evidente che il tycoon dà la precedenza solo a chi la pensa come lui, quindi ai movimenti sovranisti. L’assenza di Viktor Orbán, più che allineato alle posizioni presidenziali, probabilmente è motivata dal fatto che l’Italia, oltre all’affinità con la premier Meloni, è anche un Paese del G7. Se avesse invitato l’Ungheria, allora sì questo sarebbe stato mal tollerato da Parigi e Berlino.

Ma non ci sono solo i leader mondiali che mancano all’appello. Nei discorsi di Trump, sia quello ufficiale, sia quello alla sua base elettorale, sono mancati totalmente i riferimenti a molti temi internazionali. Una “dimensione domestica” dalla quale sono rimaste fuori la guerra in Ucraina, il rapporto con l’Unione europea, la competizione con la Cina, se non riferita alla questione Panama, quindi a ricaduta interna. Il presidente ha voluto parlare solo di Stati Uniti per rimarcare ancora una volta che l’America viene prima di qualsiasi altra cosa.

Ma probabilmente è anche una questione di prudenza. Alla cerimonia c’era una delegazione cinese di alto livello: parlare del rapporto con Pechino sarebbe stato molto più di una gaffe diplomatica. Anche con i dazi in arrivo, Trump ha capito che con il colosso asiatico il dialogo deve comunque rimanere aperto. Il negoziato sulla fine della guerra in Ucraina sarà lungo e complesso e l’Unione europea per il tycoon non è una priorità né nel bene, né nel male. Non la percepisce come un alleato importante, ma nemmeno come una minaccia.

Ci sono però dei temi che il presidente ha evitato di citare nel suo discorso. Il primo è quello della circolazione di armi all’interno del Paese. Ma, se si considera tutto l’aiuto delle lobby del settore difficile che la sua politica sia cambiata. Altro argomento ignorato sono state le donne. Trump è sempre stato accusato di essere un sessista. Ma con una condanna per aver pagato la pornostar Stormy Daniels, forse presentarsi come il difensore del gentil sesso non era la scelta più strategica.