Martedì 23 Luglio 2024
CESARE DE CARLO
Esteri

Trump al contrattacco. Vuole demolire Kamala. Ma anche lui nel 2011 la finanziò in California

Il tycoon, in passato vicino ai dem, donò 6mila dollari alla campagna di Harris. Ora la considera un agnello sacrificale dei democratici: "Ha fallito come vice".

Trump al contrattacco. Vuole demolire Kamala. Ma anche lui nel 2011  la finanziò in California

Trump al contrattacco. Vuole demolire Kamala. Ma anche lui nel 2011 la finanziò in California

Kamala Harris? Davvero sarà lei la sua avversaria democratica, chiedono a Donald Trump. Magari, risponde sorridendo. "Contro di lei sarà più facile vincere". E indica gli indici di gradimento, anzi di sgradimento. Sino a sabato mattina, vale a dire sino a poche ore dall’annuncio del suicidio politico di Joe Biden, la vicepresidente piaceva al 37 per cento dell’elettorato contro il 38 del suo boss.

DEMONIZZAZIONE

Ma una cosa sono gli indici di gradimento, un’altra le intenzioni di voto. Nelle intenzioni di voto il distacco fra il favorito candidato repubblicano e l’aspirante alla nomination democratica è ridotto. Contro Trump pesa la demonizzazione che dal 2016, da quando scese in politica, ne hanno fatto i media più influenti, dal New York Times al Washington Post, al Boston Globe, al Los Angeles Times, eccetera, tutti filodemocratici. Pesa la persecuzione giudiziaria modello Berlusconi.

FIDUCIA REPUBBLICANA

Ora i disastrosi quattro anni di Biden e soprattutto il fallito attentato alla sua vita hanno consentito a Trump di voltare pagina. Ha unificato e elettrizzato il partito. E nutre molta fiducia in una vittoria il 5 novembre. In più ritiene che Kamala Harris sia vulnerabile, sia sul piano politico sia su quello personale. Lo ritengono presumibilmente anche i leader democratici. Gli stessi cioè che hanno bruciato la nomination di Joe Biden. Trump insiste sulla debolezza politica della indiana-giamaicana-americana. La conosce dai tempi della California, quando era Attorney General, e anzi nel 2011 l’aiutò a lanciarsi in politica con un paio di donazioni, per un totale di seimila dollari. Sino a una ventina di anni fa il tycoon era vicino ai democratici, non ai repubblicani. Ora nei comizi negli Stati chiave del Midwest, Michigan, Wisconsin, e della costa orientale, Pennsylvania, Georgia, North Carolina denuncia l’imbarazzo dei democratici.

GLI ENDORSEMENT

Sino a ieri a Kamala Harris erano giunti due endorsement importanti. Quello della coppia Clinton e quello di Nancy Pelosi, colei che sabato aveva telefonato a Biden intimandogli: sei morto, ritirati. Silenzio invece da Barack Obama, che Biden l’ha avuto vicepresidente per otto anni e del quale usava ripetere: mai sottovalutare l’abilità di Joe di mandare a puttane ogni cosa. Silenzio anche da Chuck Schumer, capogruppo dei senatori dem e da Hakeem Jeffries, capogruppo dei deputati democratici. La Fox spiega così l’appoggio dei Clinton: saggiare il terreno per un rilancio delle mai sopite aspirazioni presidenziali di Hillary. Come? Sfruttando una Convention aperta. Accadde nel 1968 quando il candidato scelto in extremis fu Hubert Humphrey, poi sconfitto dal repubblicano Richard Nixon.

CAMPAGNA

DI DEMOLIZIONE

La storia si ripeterà? La convention democratica si svolgerà a Chicago, come quella del 1968, dal 19 al 22 agosto. E nell’attesa Trump lancia una campagna di demolizione della supposta avversaria. Sulle sue spalle fa ricadere il bilancio della presidenza Biden: l’inflazione, l’invasione migratoria, la criminalità urbana. E poi l’umilitante fuga dall’Afghanistan, la confusa strategia in Ucraina che prolunga una guerra senza sbocchi, l’esplosione del Medio Oriente, i droni degli Houti e l’atomica prossima degli ayatollah, le minacce di Xi

a Taiwan. In realtà Donald Trump vede in Kamala Harris un agnello sacrificale. Prevede che i capi storici del partito democratico le preferiranno un candidato più credibile. Ce ne sono. E per Trump sarà tutto più difficile. Occhi puntati su Chicago.

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