Roma, 4 febbraio 2025 – Nel suo primo incontro con un leader straniero dopo la cerimonia di giuramento, il presidente Donald Trump esaminerà oggi col premier israeliano Benjamin Netanyahu l’avvio della seconda fase della tregua a Gaza che prevede il completamento del ritiro delle forze militari, la liberazione di 80 ostaggi israeliani in cambio di un numero cospicuo di palestinesi condannati per terrorismo e l’avvio della ricostruzione delle infrastrutture nella Striscia.
Negli incontri preparativi con i dirigenti israeliani, il consigliere di Trump Steve Witkoff ha chiarito che l’amministrazione vuole la conclusione della guerra per facilitare la realizzazione di un progetto di normalizzazione delle relazioni fra Israele e l’Arabia Saudita. Ieri comunque Trump ha affermato, con cautela, che "non c’è certezza che la tregua reggerà". Prima dell’incontro con Netanyahu, per Trump sarà proiettato un film che documenta in dettaglio le atrocità commesse il 7 ottobre nel Negev dalla Nukhba, l’unità di élite di Hamas.
Malgrado l’approccio positivo di Trump verso Israele, il vertice costringerà entrambi i leader a dar prova di estrema creatività ed elasticità perché Netanyahu si dice ancora determinato a sconfiggere Hamas, una volta per tutte, anche a costo di riprendere la guerra durante la seconda fase, così come gli viene richiesto con insistenza dai partiti di estrema destra. In particolare escludono il ritiro dall’Asse Filadelfia, il confine fra Gaza ed Egitto.
Una soluzione che lo staff israeliano sta prendendo in considerazione riguarda una possibile riedizione dell’esilio a Tunisi imposto a Yasser Arafat nel 1982, quando l’esercito israeliano occupò Beirut. Il leader dell’Olp riuscì a tornare a Gaza solo 10 anni dopo, con gli accordi di Oslo. Adesso, secondo la tv pubblica israeliana Kan, Israele potrebbe suggerire l’espulsione da Gaza dell’intera leadership militare e politica di Hamas, per fare spazio così a un nuovo governo civile.
Intanto i progetti di Trump riguardo la normalizzazione delle relazioni fra Israele e Arabia Saudita hanno creato nuove polemiche nel governo di Netanyahu. In quel contesto Israele dovrebbe infatti impegnarsi ad intraprendere "un percorso" finalizzato alla costituzione di uno Stato palestinese. Ma il ministro Smotrich, leader del partito "Sionismo Religioso", ha chiarito fin d’ora che una clausola del genere sarebbe inaccettabile per i nazionalisti israeliani: "Non dobbiamo alimentare fra i palestinesi alcuna speranza – ha detto – che possano mai costituire uno Stato nel cuore della Terra d’Israele".
A Washington Netanyahu vedrà probabilmente il segretario alla Difesa e il consigliere per la sicurezza nazionale, nonché esponenti del Senato e del Congresso. La sua visita si protrarrà dunque per una settimana: cosa che gli impedirà di trovarsi in Israele sabato quando dovrebbe essere liberato il quinto scaglione di ostaggi. I reduci della prigionia a Gaza stanno pubblicando nuove drammatiche testimonianze sulle condizioni di detenzione, sulle punizioni fisiche e sulle umiliazioni patite. Parlano di gabbie di ferro. "Ci davano da bere in ciotole, come cani" ha detto uno di loro. Insistono nel sollecitare Netanyahu a rispettare la tregua fino in fondo e a stringere al massimo i tempi per salvare chi è ancora vivo. Ma il premier si è irrigidito: nelle mediazioni con il Qatar e con l’Egitto si accinge a ridurre il ruolo del Mossad e dello Shin Bet, e si affida di più al ministro per le questioni strategiche Ron Dermer che è di casa fra i repubblicani americani.