Martedì 4 Marzo 2025
BEPPE BONI
Esteri

Proposta per la tregua in Ucraina, Londra frena Parigi: “Nessun accordo”

L’analista militare: ci servono 10 anni per colmare il gap

Roma, 4 marzo 2025 – Ci sono i velocisti che tentano di sorpassare gli altri appena si intravede una corsia libera (la Francia), quelli che sgomitano per non perdere la testa del gruppo (Il Regno Unito), quelli che mediano con la calma (Giorgia Meloni) e quelli che parlano poco con sguardo imbronciato perché cercano di tenere un piede di qua e uno di là (l’Ungheria). Il club Europa, ancora senza un’unità di intenti e di strategia, si sta comunque faticosamente dando una mossa per cercare di trovare la quadra con un piano che porti ad una tregua in Ucraina e forse al futuro invio di truppe di peacekeeping mentre The Donald con le sue sparate un giorno sì e uno no continua a mandare in confusione le cancellerie di mezzo mondo.

Il primo ministro britannico Keir Starmer, tra i protagonisti di questa fase
Il primo ministro britannico Keir Starmer, tra i protagonisti di questa fase

In questi giorni di vertici che si accavallano, una strategia comune alla fine l’ Europa la troverà. Ma la strada non è asfaltata. Da Bruxelles arriva un punto importante in vista del consiglio europeo del 6 marzo: “Una tregua può avvenire solo come parte di un accordo di pace complessivo che va accompagnato da garanzie credibili”. È scritto nella bozza sulla difesa di giovedì. Si afferma anche che “non ci possono essere negoziati sull’Ucraina senza l’Ucraina e l’Europa”. Emmanuel Macron, che come sempre vuol fare il primo della classe, ha buttato sul tavolo la proposta di tregua di un mese. Una via possibile? Da Londra il premier Keir Starmer frena: “È solo una delle opzioni sul tavolo”. Una spaccatura? Forse no, ma non un coro che canta sulla stessa frequenza. In ogni caso per garantire una forza di interposizione servono 30mila uomini sul campo e altri 60mila per la rotazione. E mentre l’America trumpiana si sfila pensando ai propri affari sul resta da definire un piano di Difesa comune Ue.

“Senza l’ombrello degli Usa ci sono difficoltà per settori come la ricognizione satellitare e altri poco finanziati negli ultimi tempi – ha detto al Gr1 Pietro Batacchi, analista direttore di Rivista italiana difesa – e per colmare questo gap ci vorranno dieci anni”. Il tema dell’accelerazione della spesa pubblica per gli armamenti fa volare i titoli europei delle imprese legate al settore militare con Milano che registra un balzo dell’1,1%. Tra i protagonisti del Risiko spiccano Leonardo (+16,26%, 44,78 euro), Fincantieri (+4,38%, 9,8 euro), Iveco (+5,46%, 15,9 euro), e Avio (+6,15%). Ursula von der Leyen mostra i muscoli e annuncia che presenterà al vertice di giovedì il “Rearme Europe” per “riarmare l’Europa con urgenza”. Oggi invierà una lettera ai 27 Paesi Ue con le opzioni necessarie.

Di certo c’è la cancellazione delle spese nazionali per la Difesa dal Patto di stabilità. La Polonia è il Paese leader negli investimenti sulla sicurezza con il 4% del Pil. Tra gli analisti però c’è anche chi vede nebbia all’orizzonte. “Certo che dobbiamo renderci autonomi dagli Usa – spiega il generale Maurizio Boni, già vice comandante dell’Allied rapid reaction corps di Innsworth (Regno Unito) – ma prima di decidere un nuovo modello di difesa bisogna sapere a cosa serve. A combattere l’espansione della Russia? La ritengo una eventualità improbabile”. L’Italia nel frattempo si rinforza sul terreno. È già avviato il progetto di acquisto di 132 carri armati tedeschi Leopard 2A8 che affiancheranno gli attuali tank Ariete C2. Sono blindati armati con un cannone da 120 millimetri, una mitragliatrice da 7,62 millimetri, lanciagranate automatici ed equipaggiati contro trappole esplosive, mine e lanciarazzi.