PER HAMAS, Israele è un’entità usurpatrice, il «mostro del XXI secolo» che merita solo di essere cancellato. Per Israele, Hamas è un’organizzazione terrorstica fanatica e spietata. Ma al Cairo, sotto l’egida del presidente Abdel Fatah alSisi, i loro delegati stanno cercando di dar forma a un nuovo modus vivendi fra Gerusalemme e Gaza. Seduti in stanze diverse nello stesso edificio, con l’assistenza di dirigenti degli 007 egiziani, israeliani e palestinesi (la delegazione include esponenti dell’Anp e di Hamas) hanno messo da parte le rispettive ideologie per affrontare questioni concrete. Di quante miglia potranno spingersi in mare i pescatori di Gaza, prima che le vedette della marina israeliana li blocchino? Fino a che distanza dai recinti di confine potranno gli agricoltori di Gaza coltivare le proprie terre, prima di ricevere l’altolà delle pattuglie di Israele? A luglio Hamas ha tentato di spezzare con la forza una condizione di impasse per ottenere la "rimozione dell’assedio" mediante la riattivazione dell’aeroporto di Gaza e la costruzione di un porto marittimo. "Non ci sarà tregua permanente se l’assedio sono sarà abolito", ha ribadito Ismail Haniyeh, dirigente di Hamas. Ma né Israele né i mediatori egiziani gli sono venuti incontro.
ATMOSFERA di delusione anche in casa israeliana. Il premier Benyamin Netanyahu aveva promesso agli abitanti del Neghev che, con la operazione Margine Protettivo, avrebbe restituito loro la sicurezza. Ma oggi essi dimostreranno la loro frustrazione con una manifestazione di massa a Tel Aviv. Hamas, dicono, ha ancora migliaia di razzi e la sua volontà di colpire Israele non si è infiacchita. I mediatori egiziani hanno cercato di stabilizzare la situazione giocando sul fattore tempo. Ottenendo un consenso preliminare per una tregua di 72 ore e delineando prime intese di carattere immediato, fra cui la riapertura dei valichi fra Gaza e Israele a uomini e merci. Affindandone però i controlli alle forze dell’Anp. In prospettiva, dal gennaio 2015, le forze di Abu Mazen dovrebbero anche presidiare il confine di Gaza con Israele: l’area sotto la quale Hamas ha scavato tunnel offensivi verso il Neghev. Non proprio la smilitarizzazione della Striscia invocata da Netanyahu, eppure un passo avanti. Un modo, fra l’altro, per costringere Hamas ad accettare il ritorno a Gaza dell’Anp, sette anni dopo il golpe che sancì l’espulsione di Abu Mazen. I mediatori egiziani hanno proposto di rinviare di un mese le questioni 'umanitarie': il porto e l’aeroporto necessari, secondo Hamas, alla ricostruzione di Gaza; la resituzione dei corpi di due militari israeliani dispersi in combattimento; la liberazione di militanti di Hamas detenuti in Israele. AlSisi si è dimostrato un abile timoniere, pronto a sfruttare le debolezze di Israele e di Hamas a proprio vantaggio.
MA L’ALA militare di Hamas continua a vedere in lui il regista della repressione dei Fratelli musulmani. Le Brigate Izz ad-Din alQassam anche ieri hanno avvertito che allo scadere della tregua sono pronte a riprendere gli attacchi contro Israele (in serata le sirene d’allarme sono risuonate ad Ashqelon), che invece aveva dato l’ok all’estensione dello stop alle armi. Anche se diversi testimoni hanno riferito di raid israeliani nella Striscia dopo il lancio dei razzi. Gaza ora aspetta solo che prenda la parola il comandante delle Brigate Mohammed Deif. Potrebbe essere lui a determinare la riuscita della mediazione di alSisi.