Martedì 20 Agosto 2024
GIOVANNI PANETTIERE
Esteri

Ultima chance di tregua, Israele sostiene piano Usa. Il patriarca: Gaza alla fame. "C’è chi non vuole la pace"

Pizzaballa e i negoziati: nessuna illusione, troppi ostacoli per un’intesa. "I raid di Tel Aviv? La soluzione deve essere politica per evitare un’escalation". Blinken vede Netanyahu, che assicura: il capo del Mossad sarà al tavolo di Doha

Roma, 20 agosto 2024 - Le possibilità di un cessate il fuoco in Medio Oriente "non sono molte, le distanze fra Israele e Hamas restano profonde", nella consapevolezza concreta che "c’e chi sta remando contro un’intesa per porre fine al massacro di vite umane". Nelle ore in cui sbarca a Tel Aviv il segretario di Stato americano, Antony Blinken, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, non si fa troppe illusioni sul raggiungimento a stretto giro di una tregua nella Striscia di Gaza.

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, 59 anni, patriarca di Gerusalemme dei Latini
Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, 59 anni, patriarca di Gerusalemme dei Latini

Gli Stati Uniti hanno messo sul tavolo delle trattative due bozze di accordo, il ‘Piano Biden’ e da ultimo la ‘Proposta ponte’: non pensa che i loro sforzi diplomatici possano giocare un ruolo risolutivo nella crisi?

"C’è una grande pressione internazionale, dagli Usa all’Egitto, al Qatar, affinché si silenzino le armi, data la situazione di non ritorno in cui versa la popolazione della Striscia di Gaza provata dai raid. La visita di Blinken rientra in questo contesto. È senz’altro dirimente, ma credo che serva più tempo per siglare un cessate il fuoco".

Anche perché Hamas ha respinto la ‘Proposta ponte’ sul rilascio di una prima tranche di trenta ostaggi israeliani tra donne, anziani e malati...

"Bisogna distinguere sempre le dichiarazioni pubbliche da quello che si dice a porte chiuse nel corso dei negoziati".

Insomma per lei Hamas, nonostante la strage del 7 ottobre, la sua natura terroristica e i suoi rapporti con la teocrazia iraniana, resta un interlocutore credibile?

"Non è questo il punto. Gli accordi si negoziano con chi ha la responsabilità politica sulla Striscia, Hamas in questo caso".

È una rappresaglia la reazione israeliana in risposta al massacro nei kibbutz?

"Da sempre la nostra posizione come Chiesa è chiara, la soluzione non può e non deve essere militare. Al posto dei raid occorre investire in un’azione politica anche per evitare che il conflitto subisca un’escalation col coinvolgimento dell’Iran e il deflagrare della situazione in Cisgiordania. Si parla giustamente di Gaza, ma qualche giorno fa nei Territori si è avuto un pogrom di numerosi coloni contro un villaggio palestinese. Alla fine si è contata una vittima e danni ingenti".

Chi non vuole il cessate il fuoco in Medio Oriente?

"Gli ostacoli sono tanti, in tutti i diversi campi".

Come è la situazione nella Striscia?

"È molto grave, siamo al limite, non cambia nulla. I viveri e l’acqua scarseggiano, la gente vive nel terrore dei bombardamenti. La nostra comunità cristiana è asseragliata nella zona delle chiese. a nord di Gaza, nella città di Gaza City. Proviamo a supportare la popolazione con aiuti che riceviamo dai Cavalieri di Malta e da altre associazioni. Anche in questo contesto di violenza, la solidarietà non manca. Senza farsi illusioni, tutto ciò alimenta la speranza di una fine del conflitto".

Qualche altro ostaggio israeliano potrà tornare a casa?

"Me lo auguro e credo possa succedere. Dobbiamo lavorare molto a livello non solo politico ma anche religioso. Lo sfondo di queste violenze ha anche una matrice simile. C’è bisogno d’isolare le frange più estremiste".