Lunedì 25 Novembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Tregua in Libano a un passo. Israele vota il cessate il fuoco: "Francia e Stati Uniti i garanti"

Oggi Netanyahu convocherà il Consiglio di difesa, Macron e Biden daranno l’annuncio ufficiale. Tel Aviv avrà mano libera se Hezbollah violerà l’accordo. Resta determinante il ruolo dei Caschi Blu.

Tregua in Libano a un passo. Israele vota il cessate il fuoco: "Francia e Stati Uniti i garanti"

Emmanuel Macron 46 anni, con Joe Biden, 82 anni, durante il G20 in Brasile

Alla fine ha prevalso la spossatezza da entrambe le parti e l’accordo per una tregua iniziale di due mesi in Libano è cosa fatta. L’annuncio formale è atteso per oggi da parte di Joe Biden ed Emmanuel Macron, i presidenti dei Paesi che faranno da garanti alle intese. In precedenza a Tel Aviv il premier Benjamin Netanyahu convocherà il consiglio di difesa del suo governo per ratificare ufficialmente l’accordo, mediato dal diplomatico Usa Amos Hochstein nel corso di una spola fra Beirut e Gerusalemme.

In questi contatti Israele ha anche ottenuto dagli Stati Uniti una lettera di intese bilaterali: essa garantisce alle forze armate israeliane – secondo i media locali – libertà di azione in tutto il Libano di fronte ad eventuali infrazioni da parte degli Hezbollah. Assicura inoltre ad Israele uno scudo protettivo all’Onu nonché la ripresa a pieno ritmo di forniture militari dopo mesi in cui gli Usa avevano invece osservato una sorta di "tacito embargo" riguardo una parte degli armamenti necessari all’Idf, in particolar modo alla sua aviazione. Secondo analisti locali sono state appunto le pressioni giunte dai vertici militari (preoccupati dal crescente logorio delle proprie unità dopo oltre un anno di combattimenti a Gaza ed in Libano) a convincere Netanyahu a sostenere un accordo che resta comunque ben lontano dall’obiettivo primario dell’ingresso dell’esercito nel Libano sud: ossia garantire il rientro "in condizioni di sicurezza" di quasi 100mila abitanti nelle località israeliane di frontiera abbandonate un anno fa sotto il fuoco degli Hezbollah.

Ieri i dirigenti di quelle località hanno denunciato con forza "la resa" del governo Netanyahu e hanno ribadito che nelle condizioni attuali gli abitanti non rientreranno affatto in quelle case. Nel frattempo le autorità militari hanno anzi elevato il livello di allerta in tutto il nord di Israele nella previsione che nell’imminenza dell’entrata in vigore della tregua gli Hezbollah cercheranno di lanciare un ulteriore attacco con centinaia di razzi, droni e anche missili terra-terra.

L’accordo messo a punto da Hochstein prevede la cessazione immediata degli attacchi, da una parte e dell’altra (ieri Israele ha continuato a bombardare obiettivi a Beirut) ed il ritiro delle forze degli Hezbollah a nord del fiume Litani. Nell’area compresa fra quel fiume ed il confine internazionale (profonda circa 15 chilometri) la sicurezza sara’ assicurata dai Caschi Blu dell’Unifil – come previsto nella risoluzione 1701 dell’Onu – e dall’Esercito nazionale libanese, che avrà l’incarico di rimuovere le infrastrutture militari degli Hezbollah.

L’esercito israeliano avrà 60 giorni per completare il ritiro dalle posizioni occupate nei villaggi del Libano sud, in un’area profonda circa sei chilometri. Il rispetto delle intese sara’ affidato ad una Commissione di cui faranno parte Israele, Libano, Usa, Gran Bretagna e Francia. Quest’ultimo Paese sosterrà attivamente le forze armate libanesi. A Beirut si afferma che l’accordo prevede che la sovranità nazionale sarà rigorosamente rispettata "in terra, nel cielo ed in mare": come ciò si concili con le assicurazioni diverse che Israele afferma di aver ottenuto dagli Usa non e’ chiaro. Il Libano ha inoltre ottenuto una revisione della linea di confine con Israele. In ogni caso un successo della diplomazia appare evidente: dopo un anno di guerra il ‘Dossier Libano’ è stato separato da quello di Gaza, dove invece la guerra prosegue. E proprio la situazione a Gaza continua ad affliggere Papa Francesco. "Desidero menzionare due fallimenti dell’umanità – ha detto ieri. – L’Ucraina e la Palestina, dove si soffre e dove la prepotenza dell’invasore prevale sul dialogo".