Milano, 2 luglio 2016 - UNA FETTA di futuro, di una torta che fa gola, ma scotta. L’auto senza pilota non è il presente, diciamolo subito. Ma la corsa all’oro è partita da un pezzo. Ecco perché, quando capitano incidenti come quello del 7 maggio in Florida, le case automobilistiche drizzano le orecchie, dosano col contagocce le dichiarazioni e insistono: le mani sul volante vanno tenute. Almeno per ora.
Tesla, oltre a essere protagonista, suo malgrado, dello scontro in cui ha perso la vita il veterano dei Marine Joshua Brown, è una delle pioniere della mobilità del domani. In prima linea ci sono però tutti i grandi dell’
automotive : dalle tedesche (Mercedes, Audi, Bmw) passando per Volvo, Toyota, Honda e pure la nostra Fca, fresca dell’accordo firmato con Google in maggio. Senza contare i fornitori, colossi del calibro di Bosch, Delphi e Continental. Un gigantesco business in movimento da anni, per mettere a punto sensori, telecamere e software che consentano alle vecchie quattro lamiere di poter procedere, in futuro, senza l’ausilio di un conducente. Quando? Dieci-quindici anni per la produzione in serie, non di più. Allora, auspicano i costruttori, il concetto di ambiente ‘connesso’ con la vettura non si limiterà più a idea da custodire nel cassetto dei buoni propositi.
GIÀ OGGI le macchine dialogano con smartphone e device, il passo per interagire con semafori, traffico o limiti di velocità non sembra poi così lontano. Le vetture diventano sempre più indipendenti da chi le guida, è un dato di fatto. I sistemi di assistenza al parcheggio, piuttosto che quelli in frenata, sono utili e gradevoli. E per capire quanto le case credano nell’auto ‘connessa’, basta vedere quanto vi investono sopra: il 45% del loro budget, per un giro d’affari che potrebbe attestarsi sui 400 miliardi di dollari. Insomma, la strada verso la guida autonoma pare segnata. E più ci si avvicina al ‘traguardo’ più diventano di attualità tematiche che fino a poco tempo fa sembravano chiacchiere da fantascienza. Oggi ci si chiede se sia giusto o meno affidarsi a un’intelligenza artificiale che, in fin dei conti, riproduce situazione già stabilite a priori. Una macchina non decide, precisano le case automobilistiche: quando trova un ostacolo, l’auto senza pilota principalmente frena.
Più la tecnologia si affina, però, più aumentano le variabili che il software prende in considerazione per seguire un comportamento che dovrebbe ricalcare il più possibile quello umano. E qui qualcosa non torna. Il programma, nei casi limite, come si comporterà? Se la regola, come sembra, è quella di minimizzare l’impatto e le conseguenze, quale sarà la scelta di un’intelligenza artificiale che si trova davanti improvvisamente un gruppo di pedoni? Il problema se l’è posto un team di ricercatori francesi della Toulouse School of Economics. Gli studiosi sono convinti che la macchina, pur di salvare i pedoni, sterzerebbe anche a costo di ferire gravemente, se non uccidere, chi è a bordo. Quasi come se il complesso algoritmo comprendesse un’eventualità suicida, a priori.
DIVERSE case automobilistiche rifiutano questa teoria, escludendo che il software ‘ragioni’ solo in base al numero delle potenziali vittime. Certo è che il sistema una scelta, alla fine, dovrà pur farla. Una decisione che sarà ‘scritta’ già al momento del suo acquisto. Per questo le case stanno organizzando convegni e laboratori sul tema etico, per arrivare a quella che in futuro potrebbe essere una normativa comune e, soprattutto, trasparente.