Sabato 23 Novembre 2024
REDAZIONE ESTERI

Terroristi italiani in Francia, negata l’estradizione. Ecco chi sono. Mario Calabresi: “Da loro mai una parola di ravvedimento”

La Corte di Cassazione di Parigi ha respinto le richieste italiane per Giorgio Pietrostefani, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli e gli altri militanti di estrema sinistra. Il figlio di Lino Sabbadin contro i giudici: “Sono dei disgraziati”

Giorgio Pietrostefani, fondatore di Lotta Continua

Giorgio Pietrostefani, fondatore di Lotta Continua

Parigi, 29 marzo 2023 – La corte di Cassazione francese non concede l’estradizione dei 10 ex terroristi italiani rossi. Il tribunale supremo ha respinto "tutti i ricorsi presentati dal Procuratore" contro la decisione della corte di Appello di Parigi che a fine giugno aveva deciso che il no alla richiesta dell'Italia. “La Corte - si legge nel dispositivo annunciato oggi a Parigi sull'estremo ricorso contro il rifiuto di estradare i 10 ex Br in Italia – ritiene che i motivi addotti dai giudici (in appello ndr), che discendono dal loro apprezzamento sovrano, sono sufficienti”. La Cassazione conclude che “il parere sfavorevole sulle richieste sfavorevoli alle richieste di

estradizione è, in considerazione di ciò, definitivo”.

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Chi sono 

L’estradizione era stata chiesta per Giorgio Pietrostefani, ex leader di Lotta Continua, condannato come uno dei mandanti dell’omicidio Calabresi (80enne e da tempo malato), per gli ex militanti delle Brigate rosse Giovanni Alimonti (classe '55)  – che deve ancora scontare 11 anni per banda armata e associazione terroristica - Roberta Cappelli (classe '55) –  che ha una condanna all'ergastolo per associazione con finalità di terrorismo, concorso in rapina aggravata, concorso in omicidio aggravato, attentato all'incolumità – Marina Petrella (classe '54), che deve scontare l'ergastolo per omicidio - Sergio Tornaghi (classe '58), condannato all'ergastolo per l'omicidio di Renato Briano, direttore generale della Ercole Marelli - Maurizio Di Marzio (classe '61), che deve scontare 5 anni per tentato sequestro dell'ex dirigente della Digos di Roma, Nicola Simone, Enzo Calvitti (classe '55), che deve scontare 18 anni, 7 mesi e 25 giorni e 4 anni di libertà vigilata per i reati di associazione sovversiva, banda armata, associazione con finalità di terrorismo, ricettazione di armi. E ancora per l'ex militante di Autonomia Operaia Raffaele Ventura (classe '52), condannato a 20 anni per concorso morale nell'omicidio a Milano del vicebrigadiere Antonio Custra, l'ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac) Luigi Bergamin (classe '48), che deve scontare una condanna a 25 anni per associazione sovversiva, banda armata e concorso in omicidio e l'ex membro dei 'Nuclei armati contropotere territoriale' Narciso Manenti (classe '57), che ha una condanna all'ergastolo per l'omicidio aggravato dell'appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, assassinato a Bergamo il 13 marzo 1979. 

Le reazioni 

Nordio: “Primo pensiero alle vittime”

"Ho vissuto da pm in prima persona quegli anni drammatici  – commenta il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio – e oggi il mio primo commosso pensiero non può che essere rivolto a tutte le vittime di quella sanguinosa stagione e ai loro familiari, che hanno atteso per anni, insieme all'intero Paese, una risposta dalla giustizia francese. Faccio pertanto mie le parole di Mario Calabresi, figlio del commissario ucciso 51 anni fa, nella speranza che chi allora non esitò ad uccidere ora ‘senta il bisogno di fare i conti con le proprie responsabilità e abbia il coraggio di contribuire alla verità’”. 

Calabresi: “Mai una parola di ravvedimento”

"Era un'illusione aspettarsi qualcosa di diverso e (parere personale) vedere andare in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso. Ma c'è un dettaglio fastidioso e ipocrita: la Cassazione scrive che 'i rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile (...) e quindi l'estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto a una vita privata e famigliare’. Ma pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c'è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà...”. Così il giornalista Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi assassinato nel '72. 

Il figlio di Sabbadin: “Sono dei disgraziati”

“Sono dei disgraziati, perchè non c'è giustizia così! – è la reazione di Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio ucciso nel 1997 in Veneto ad opera dei Proletari Armati di Cesare Battisti. È tuttavia una decisione che ci aspettavamo dalla Francia. Ci dicano allora, i giudici, quali sono i colpevoli? Ci sono dei morti sulla coscienza di queste persone”. 

Della Rocca: “Una vergogna”

“È una vergogna che non ha fondamento giuridico. Io e la mia associazione facciamo appello al ministro Nordio affinché la giustizia italiana intervenga. E chiedo alla Francia: se fosse successa la stessa cosa al contrario con le vittime del Bataclan?”. Così Roberto Della Rocca, uno dei sopravvissuti agli attentati delle Brigate rosse. Della Rocca, che è anche presidente dell'Associazione nazionale vittime del terrorismo, lavorava per Fincantieri nel 1980 quando fu ferito a Genova durante un attentato delle Br.

Campagna: la giustizia italiana faccia il possibile

Maurizio Campagna - fratello di Andrea, l'agente di pubblica sicurezza calabrese ucciso dai terroristi nel 1979 a Milano - si augura che “di non aver perso l'ultima chance. La giustizia italiana faccia tutto il possibile affinché queste persone vengano ad espiare le loro colpe in Italia com'è giusto che sia”. 

Di Cataldo: “Giusta la decisione della Cassazione, serve verità”

Voce fuori dal coro quella di Alberto Di Cataldo, figlio di Francesco, il maresciallo ucciso a Milano dalle Br il 20 aprile 1978. “Ormai sono passati più di 47 anni, la pena in sé mi interessa fino a un certo punto. Trovo anche giusto ciò che ha fatto la Cassazione francese. Bisogna ragionare nei termini di restituire un po’ di verità sulle vicende: la vera partita non è l'estradizione quanto misurare se queste dieci persone daranno un contributo per capire quanto è successo in quegli anni”.