Lunedì 6 Gennaio 2025
MARIO BENEDETTO
Esteri

Gli influencer del terrore. “Così il web istiga i lupi solitari”

L’Fbi lancia l’allarme dopo gli attacchi a New Orleans e Las Vegas: “Massima allerta, pericolo emulazione”. L’analisi del politologo Strazzari: “Fenomeno in evoluzione, i contenuti violenti fanno presa sulle menti fragili”

Roma, 4 gennaio 2025 – Non c’è una minaccia specifica, ma il rischio che qualche lupo solitario o una scheggia impazzita decida di emulare il terrorista di New Orleans è alto. Per questo l’Fbi e il dipartimento per la sicurezza interna americana hanno inviato una nota congiunta a circa 18.000 dirigenti di polizia e sceriffi in tutto il Paese avvertendoli di essere “iper vigili”. Bourbon Street, teatro della strage nella notte di Capodanno, ha già cominciato a riprendere vita, ma le indagini sulla strage compiuta da Shamsud-Din Jabbar continuano, come proseguono quelle sull’altro incidente di una giornata infausta per gli Stati Uniti, l’esplosione della Tesla fuori dal Trump Hotel a Las Vegas. Su quest’ultimo caso, il medico legale ha confermato quello che l’Fbi già sospettava dopo aver trovato una ferita di arma da fuoco sul cadavere: Matthew Livelsberger, che era alla guida, si è suicidato prima dell’esplosione. Nel suo pick-up sono state trovate anche taniche di carburante e più di una dozzina di mortai pirotecnici. Quello che ancora non si trova è il movente. Perché ha guidato 800 chilometri dal Colorado a Las Vegas? E ancora: l’esplosione fuori dall’hotel di Trump voleva essere un atto politico? Secondo lo zio, Dean, “Matthew era un patriota al 100% e un ardente sostenitore di Donald Trump”.

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L'omaggio alle vittime di Bourbon Street, a New Orleans (Afp/Ansa)

Professore, il terrore si sta trasformando, anche in Rete?

"Sì, gli ultimi tre importanti attentati dimostrano la complessità del fenomeno – risponde il politologo Francesco Strazzari, ordinario di Relazioni internazionali alla Scuola universitaria superiore Sant’Anna di Pisa –. Parlo dei fatti di Magdeburgo, New Orleans e Las Vegas. Tutti presentano caratteristiche anomale che non si inquadrano nello schema del passato”.

Resta il fatto che per il terrorismo la comunicazione è strumento centrale

“Certo, il terrorismo è comunicazione. E senza comunicazione il terrorismo non è nulla. Esiste, invece, perché tocca l’emotività, impressiona e plasma identità. Con sistemi organizzati ma anche semplicemente attraverso la violenza che inonda la Rete e può fare proseliti. Dobbiamo essere capaci di leggere il fenomeno nel suo evolversi, senza stereotipi”.

In che senso?

“Non dobbiamo pensare che certe caratteristiche religiose, etniche rimandino automaticamente ad appartenenze terroristiche. Il terrorismo c’è ma esistono anche le menti scosse dalla violenza”.

Quindi la Rete contribuisce a muovere la mano di ’menti fragili’ e rende ulteriormente difficile interpretare la violenza del terrore organizzato?

“Si, siamo continuamente esposti a immagini violente. Da ultime, le decapitazioni avvenute in Siria dopo la caduta di Assad, che possiamo vedere sui social, espongono soprattutto i giovani a un’idea che la violenza fa parte del quotidiano”.

Che cambiamenti ha conosciuto la comunicazione del terrore?

“Non esiste organizzazione che non faccia uso del web, comprese quelle terroristiche. Nel 2001, quando comincia la grande stagione del jihadismo, le organizzazioni terroristiche nascondevano i messaggi sotto banner dei siti erotici. Adesso esiste un’azione di contrasto in Rete e siamo lontani dal tempo della Jiaadosfera”.

Cosa intende con jiadosfera?

"Sono stati gli anni di maggior avanzamento del Califfato, proclamato tra Siria e Iraq, attorno al 2015 quando i messaggi prettamente terroristici invadevano la Rete, creando una vera e propria ‘jihadosfera’. Oggi vengono contrastati ma la violenza generica circola. Penso alla recente polemica su X che deve far riflettere sulla moderazione dei contenuti”.

Fattore che ci riporta anche agli attentati più recenti

“Si. Ad esempio l’attentatore di Magdeburgo aveva scritto una serie di dichiarazioni stragiste da agosto dell’anno scorso e nessuno è intervenuto. Dei due casi americani colpisce il fatto che gli autori individuati siano militari veterani. Quello di New Orleans aveva una bandiera dello Stato Islamico, che però al momento non ha fatto rivendicazioni. Come in Germania, attentati con modalità tipica della jihad dell’auto sulla folla, ma qui l’attentatore si è detto anti islamista. Del resto oggi l’attenzione del terrore non è tanto rivolta all’occidente”.

Dove è concentrata l’attenzione dello Stato Islamico oggi?

“Lo Stato islamico ha un nuovo califfato che si suppone si trovi in Somalia, dove martedì un attentato ha fatto più di 20 morti. In Siria abbiamo contato più di 400 attacchi nel 2024. Poi ci sono quelli in corso in Africa occidentale, in Afghanistan e Mozambico. Insomma 30 attacchi in media a settimana degli ultimi mesi. In Occidente invece questi ultimi descritti con caratteristiche del tutto nuove. Oggi ci sono meno armi pesanti in Europa, molti attacchi sono all’arma bianca. Fattore che la violenza quotidiana in Rete può contribuire ad alimentare”.