Martedì 24 Dicembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Tel Aviv gela l’inviato di Biden. Netanyahu: entreremo a Rafah: "Avanti anche senza sostegno Usa"

Tensione nel faccia a faccia, Blinken: una vasta offensiva di terra isolerebbe ancora di più Israele dal mondo. Veto di Russia e Cina all’Onu sulla risoluzione degli Stati Uniti per il cessate il fuoco immediato a Gaza.

Roma, 23 marzo 2024 – In un ruvido incontro a Tel Aviv con il Gabinetto di guerra di Benjamin Netanyahu il segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto ieri che l’attuale conduzione della guerra a Gaza e in particolare l’ingresso di forze di terra nella sovrappopolata città di Rafah rischiano di mettere in pericolo la sicurezza stessa di Israele ed il suo status internazionale. Blinken ha aggiunto che Israele rischia di trovarsi isolato nella scena mondiale: "Forse non lo comprendete ancora, e quando lo capirete potrebbe essere tardi". Alla luce della drammatica situazione umanitaria a Gaza, il Consiglio Ue preme per un cessate il fuoco immediato e la questione sta per essere votata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Intanto alcuni Paesi europei (Spagna, Malta, Irlanda e Slovenia) si dicono già pronti a riconoscere lo Stato palestinese.

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Guerra a Gaza (Ansa)
Guerra a Gaza (Ansa)

La visita di Blinken è giunta dopo un crescendo di polemiche fra la amministrazione di Joe Biden (che dopo cinque mesi di sostegno ad Israele sta pagando un elevato prezzo politico in seno al partito democratico) e Netanyahu. Il premier israeliano ha replicato con una serie di interviste ed emittenti televisive Usa smentendo le analisi di chi ritiene che il suo sostegno in casa si sia molto indebolito ed assicurando al contrario che la sua politica gode dei favori della "grande maggioranza degli israeliani". A Blinken ha detto che "non è possibile sconfiggere Hamas senza entrare a Rafah": una città situata al confine fra la striscia di Gaza e l’Egitto, che secondo Israele è di importanza critica per bloccare il contrabbando di armi per Hamas. "Speriamo di agire con il sostegno degli Usa – ha aggiunto – ma se occorre faremo anche senza".

Ma per la prima volta in molti anni Israele comprende che adesso Washington gli sta lasciando uno spazio di manovra sempre più ristretto. Innanzi tutto gli Stati Uniti vogliono a tutti i costi una intesa per uno scambio di prigionieri fra Israele e Hamas, come introduzione ad una tregua di almeno sei settimane. Il capo della Cia William Burns ha organizzato un incontro in Qatar, ed il capo del Mossad David Barnea e dello Shin Bet Ronen Bar non hanno avuto altra scelta che volare a Doha. "Ci aspettiamo progressi nelle prossime ore" ha detto Blinken. Inoltre Biden – in una telefonata a Netanyahu – ha fatto sapere di voler conoscere in maniera dettagliata i piani futuri di Israele per Gaza.

La settimana prossima due consiglieri del premier partiranno dunque per Washington, mentre il ministro della difesa Yoav Gallant sarà ricevuto dal segretario alla difesa Lloyd Austin, da cui spera di ottenere ulteriori forniture militari. Ma dopo un anno di governo Netanyahu, lo status internazionale di Israele si è offuscato. A febbraio la agenzia di rating Moody’s lo ha declassato, non solo per la guerra in corso ma anche per la politica finanziaria imposta dai partiti nazionalisti ed ortodossi. Adesso un altro declassamento e’ giunto da V-Dem, l’istituto che studia le varietà delle democrazia e che, per la prima volta in 50 anni, ha spostato Israele dalla lista delle ‘democrazie liberali’ in quella più limitativa di ‘democrazia elettorale’. Una svolta, ha spiegato, dovuta fra l’altro ai sistematici attacchi del governo Netanyahu al potere giudiziario.

Al Gabinetto di guerra israeliano Blinken – che pure sostiene la necessità di sconfiggere Hamas – ha tracciato intanto un futuro a tinte fosche. Senza una chiara strategia per il futuro assetto a Gaza, ha avvertito, Israele rischia di dover affrontare una situazione caotica, anarchica. "Rischiate di restare impantanati a lungo a Gaza" ha avvertito, secondo una fonte al suo seguito. Ma Netanyahu resta fermo nella sua opposizione ad una partecipazione dell’Autorita’ nazionale palestinese alla futura gestione di Gaza. Un ulteriore motivo di preoccupazione è giunto intanto dalla pubblicazione di un sondaggio di opinione condotto in Cisgiordania e a Gaza dal ‘Palestinian Center for Policy and Survey research’ di Khalil Shikaki. Da esso emerge che il 71 per cento dei palestinesi trovano ancora "corretto" l’attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre.