Sabato 18 Gennaio 2025
ALDO BAQUIS
Esteri

Tel Aviv approva la tregua: "Ma se la fase due fallisce la guerra riparte con l’ok Usa"

Cessate il fuoco al via domani con il rilascio dei primi tre ostaggi israeliani. Pubblicata la lista dei 33 rapiti che saranno liberati durante i primi sei mesi.

Benjamin Netanyahu dirige il gabinetto di sicurezza che vota l’accordo per la tregua a Gaza

Benjamin Netanyahu dirige il gabinetto di sicurezza che vota l’accordo per la tregua a Gaza

Al termine di un animato confronto politico protrattosi per ore, l’accordo sulla tregua a Gaza e sullo scambio di ostaggi e prigionieri è stato approvato dal gabinetto di sicurezza israeliano ed è stato immediatamente inoltrato al Consiglio dei ministri per la sua ratifica formale. Data l’urgenza dell’applicazione dell’intesa, che prevede la liberazione domenica delle prime tre donne israeliane prigioniere a Gaza da 15 mesi, le autorità rabbiniche hanno autorizzato il governo a proseguire il dibattito anche dopo l’inizio del riposo sabbatico: un evento quasi senza precedenti. Come previsto, il premier Benjamin Netanyahu ha dovuto confrontarsi con l’opposizione di due ministri di estrema destra (Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir) che nel gabinetto di sicurezza hanno votato contro.

Ma la linea del premier è prevalsa e ormai fervono i preparativi logistici relativi alla prima fase dell’accordo che riguarda l’inizio della tregua sul terreno con il ridispiegamento delle forze armate israeliane, l’ingresso di massicci aiuti umanitari e la graduale liberazione (nel corso di 42 giorni) di 33 ostaggi israeliani (i media israeliani hanno pubblicato la lista, ndr) e di circa 1.600 palestinesi reclusi in Israele per attività legate alla lotta armata. Fra di essi sono inclusi 200 detenuti condannati all’ergastolo perché giudicati responsabili di gravi attentati. Domenica 95 detenuti torneranno liberi: fra questi un nome celebre della politica palestinese, la sindacalista Khalida Jarrar del ‘Fronte popolare’.

Sottoposto alle serrate critiche dei ministri di estrema destra – determinati a riprendere la guerra a Gaza al termine della prima delle tre fasi previste – Netanyahu ha detto di aver ricevuto da Biden e da Trump l’assicurazione che Israele avrebbe libertà di azione se risultasse che Hamas non ha mantenuto gli impegni. Aggiungendo che, grazie alla tregua, Trump darà a Israele le fornture militari bloccate. Con un occhio alle richieste di Smotrich – che è sostenuto dal movimento dei coloni – il premier ha inoltre aggiunto ieri agli obiettivi della guerra anche il rafforzamento della sicurezza in Cisgiordania con l’invio di altre truppe. Ciò alla luce dei timori dei servizi di sicurezza che la liberazione di centinaia di palestinesi già impegnati nella lotta armata possa innescare una fiammata di violenze in una regione dove risiedono oltre 500.000 israeliani. L’esperienza passata conferma, secondo i servizi di sicurezza, che l’82 per cento dei quadri di Hamas e della Jihad islamica – una volta rimessi in libertà – riprendono attività violente.

La possibilità che l’accordo con Hamas si blocchi all’inizio della seconda fase – quella in cui dovrebbe essere stabilita una tregua di lunga durata a Gaza (ossia la fine della guerra, nella visione di Hamas) – desta forte inquietudine fra le famiglie di altri 65 ostaggi che dovrebbero essere liberati solo in un secondo tempo. "L’accordo raggiunto adesso significa la fine della guerra e il ritorno di tutti gli ostaggi. Una sua infrazione da parte di Israele – ha affermato ieri Einav Zingawuker, una portavoce dei familiari degli ostaggi – significherebbe la condanna a morte dei nostri congiunti. Non avrebbero speranza di sopravvivere". Fra di loro, anche suo figlio Matan. Ieri un nuovo sondaggio televisivo, condotto dall’emittente pubblica Kan, ha confermato che il 62 per cento degli israeliani sono a favore dell’accordo e che il 55 per cento si oppongono alla ripresa della guerra.

Sul terreno, intanto, l’esercito israeliano sta completando i preparativi relativi alla cessazione delle ostilità. Una delle tre divisioni attualmente a Gaza ha ricevuto il preavviso che presto potrà tornare in territorio israeliano. Le altre due prevedibilmente prenderanno posizione lungo la linea di confine. Intanto, in territorio egiziano, al valico di Rafah, centinaia di camion carichi di cibo e di medicinali attendono l’autorizzazione di entrare nella Striscia per assistere una popolazione in gran parte stremata dalla guerra.