Due tregue faticosamente costruite in mesi di lavorio diplomatico giungono ora ad un punto critico: a Gaza si registrano i primi incidenti fra l’esercito israeliano e miliziani palestinesi mentre oggi, malgrado ciò, Hamas dovrebbe pubblicare i nomi di quattro israeliane in procinto di essere liberate. In Libano scade domenica il periodo fissato per il completamento del ritiro israeliano dalle aree a ridosso del confine. Ma l’esercito ha chiesto al governo altri 30 giorni per completare la rimozione di tutti i mezzi da combattimento (russi ed iraniani) ammassati dagli Hezbollah nei villaggi libanesi di frontiera.
Ieri Netanyahu ha convocato d’urgenza il gabinetto di difesa per esaminare questi sviluppi (mentre a Jenin, in Cisgiordania, prosegue peraltro una vasta operazione militare di anti-terrorismo). Intanto dagli Stati Uniti il consigliere particolare di Donald Trump, Steve Witkoff, ha anticipato che partirà presto per "un’ispezione" in Israele e a Gaza, nell’intento di rafforzare la tregua e di utilizzarla come punto di partenza in vista di una normalizzazione delle relazioni fra Israele ed Arabia Saudita. Lo scopo, ha spiegato, è di costituire "un effetto domino" per tutta la regione.
Mercoledì a Rafah, nel sud della Striscia, un miliziano armato della Jihad islamica è stato ucciso dal fuoco israeliano "dopo che – secondo l’Idf - aveva messo in pericolo i nostri militari". Ieri nella stessa zona due palestinesi sono stati uccisi da una cannonata di un tank mentre transitavano camion con aiuti umanitari. Fonti locali hanno poi riferito che sia Hamas – che ormai è tornato in forze sul terreno –, sia gruppi locali cercano di impadronirsi con la forza di quelle forniture, stimate in centinaia di tir al giorno. Secondo Hamas, dietro a queste violenze ci sarebbe un tentativo israeliano di avvalersi di clan locali di malavita per contrastare il suo ritorno alle attività alla luce del sole.
Si tratta dei primi incidenti a fuoco dall’inizio della tregua mentre l’esercito ha comunque fermato le proprie operazioni e ha fatto uscire buona parte delle proprie truppe. Anche l’aviazione ha cessato le attività. Secondo gli accordi, Hamas dovrebbe liberare domani quattro donne tenute in ostaggio (fra cui tre soldatesse), ricevendo in cambio la liberazione di decine di miliziani. Per il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, la civile che sarà rilasciata potrebbe essere Arbel Yehud, che fu presa in ostaggio insieme al fidanzato, Ariel Cunio, durante gli attacchi del 7 ottobre 2023.
Una giornata più critica ancora sarebbe domenica quando, in base alle intese, Israele consentirà a masse di palestinesi – dopo mesi di attesa - di tornare nel nord della Striscia. Per Hamas si tratta di una dimostrazione tangibile di fronte alla popolazione di Gaza di non essere stato piegato da 15 mesi di guerra e di aver anzi costretto Israele ad accettare uno sviluppo a cui si diceva totalmente contrario.
Affinché la situazione non esca di controllo Witkoff prevede di recarsi di persona nell’Asse Netzarim (una larga pista militare che taglia la Striscia in due) e sull’Asse Filadelfia, il confine fra Gaza ed Egitto. Mentre Trump ha detto di temere che la tregua, dopo le sei settimane iniziali, rischi di incagliarsi, Witkoff afferma di avere invece buone speranze che essa entri anche nella seconda fase: quella che include la liberazione di una sessantina dei 94 ostaggi e la trattativa sulla fine della guerra. Intanto in Libano Hezbollah ha ricordato che Israele deve ritirarsi questa domenica dalle aree occupate. Non ha espresso minacce aperte ma si è augurato che i nuovi dirigenti di Beirut sappiano far valere le proprie ragioni.