Martedì 16 Luglio 2024
MARTA OTTAVIANI
Esteri

Summit al Cairo, il leader di Hamas al tavolo dei negoziati. Ma la tregua è lontana

I miliziani chiedono la fine delle ostilità in cambio degli ostaggi, ‘no’ di Israele. Pressing degli Usa per raggiungere un’intesa: "Ma non ci aspettiamo nulla". Pesano le divisioni fra i terroristi, scontro fra l’ala politica e quella militare

Roma, 21 dicembre 2023 – Staffetta diplomatica in cerca di una nuova tregua, ma i tempi non sono brevi. Quel che è certo, è che ieri si è compiuto un altro piccolo passo in avanti. Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, che normalmente risiede (e tratta) in Qatar, si è recato al Cairo, dove ha incontrato dirigenti civili e militari israeliani. Il risultato dell’incontro non è stato reso noto, ma chi sperava in una tregua a stretto giro è rimasto deluso. Un funzionario delle Nazioni Unite, in serata, ha ammesso che per una nuova pausa ci vuole più tempo. Per il momento bisogna accontentarsi della prima missione fuori dalla comfort zone di entrambi.

Summit al Cairo. Il leader di Hamas  al tavolo dei negoziati. Ma la tregua è lontana
Summit al Cairo. Il leader di Hamas al tavolo dei negoziati. Ma la tregua è lontana

L’obiettivo è fare in modo che Israele e l’organizzazione terroristica Hamas trovino un compromesso che porti a un altro cessate il fuoco e che questa volta sia propedeutico al rilascio degli ostaggi. Ma le difficoltà non mancano, da entrambe le parti. A conferma di questo, anche il fatto che la risoluzione Onu sul cessate il fuoco, prevista per ieri, verrà votata oggi. Tutto ruota attorno agli ostaggi. Nella prima pausa degli attacchi israeliani sulla Striscia, seguiti al massacro del 7 ottobre scorso, sono state liberate circa 110 persone su 240. Rimane ora da capire se le due parti riusciranno a raggiungere un compromesso per una seconda tregua di lunga durata.

In cambio del rilascio di tutti gli ostaggi ancora prigionieri nella Striscia – secondo il governo di Tel Aviv, 108 vivi e i corpi di altri 21 – , il gruppo armato avrebbe chiesto la liberazione dalle carceri israeliane di detenuti palestinesi di "peso maggiore" rispetto a quelli rilasciati nella prima tranche di scambi poche settimane fa. Secondo altre fonti, sempre israeliane, Israele avrebbe invece presentato a Hamas la proposta per una pausa nei combattimenti di una settimana in cambio di 40 ostaggi."Non giocheremo a questo gioco", ha avvertito l’esponente di Hamas Ghazi Hamad, ribadendo di puntare a un cessate il fuoco permanente e non a una tregua temporanea

La strada sembra in salita, nonostante le richieste di un cessate il fuoco arrivino da più parti. Primi fra tutti, gli Stati Uniti, con il presidente, Joe Biden, che dal Wisconsin ha dichiarato: "Per il momento non ci aspettiamo nulla, ma stiamo facendo pressioni". Duro con Tel Aviv il presidente francese Emmanuel Macron: "La lotta al terrorismo non significa radere al suolo Gaza". Uno dei motivi principali per cui non si raggiunge un compromesso è che nessuna delle due parti ha una posizione compatta sul tema. Mentre era in corso l’incontro, il primo ministro Israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che il suo Paese combatterà Hamas "fino alla fine, fino a quando Hamas non sarà distrutta".

Non va meglio fra le alte reggenze di Hamas. La stampa americana ha rivelato che le divisioni fra il braccio politico di Hamas, che risiede all’estero, soprattutto in Qatar e in Libano, e quella militare, con sede a Gaza, si sono acuite dall’inizio della guerra. A creare problemi sono soprattutto i contatti fra l’area non belligerante di Hamas e l’Autorità Nazionale Palestinese, che potrebbe gestire il territorio della Striscia una volta che la guerra sarà finita. La situazione è in fase di stallo. Husam Badran, membro dell’ufficio politico di Hamas, ha reso noto la posizione ufficiale della parte di Hamas che risiede a Doha: vogliamo che la guerra finisca. Intanto il bilancio delle vittime ha raggiunto quota 20mila. Di questi, 8.000 sono bambini.

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