Roma, 12 febbraio 2020 - Cresce l'angoscia per Patrick George Zaky, il giovane studente egiziano dell'Università di Bologna, noto per il suo impegno nel campo dei diritti umani e LGBT, arrestato nei giorni scorsi al suo rientro al Cairo. E' stato "picchiato e torturato per 30 ore" in Egitto perché volevano conoscere "i suoi legami con l'Italia e con la famiglia di Giulio Regeni", ha riferito la famiglia del giovane secondo quanto riportano alcuni giornali. E intanto spunta la testimonianza di un amico di Zaky: "Anch'io rapito e torturato, temo per lui".
Da parte loro Paola e Claudio Regeni lanciano l'appello ai governi affinché "tutelino l'incolumità di Zaky" e commentano tristemente: "Noi conosciamo quella ferocia", mentre la mobilitazione per Zaky cresce in tutta Europa grazie anche ai canali social 'Free Patrick': sabato manifestazione a Berlino mentre oggi nuova protesta a Bologna. Ieri studenti e accademici del master 'Gemma' hanno manifestato a Granada, in Spagna. Intanto a Bologna il senato accademico dell'Alma Mater ha approvato una mozione che chiede "con forza che i rappresentanti del nostro Governo e della Commissione Europea (...) seguano con attenzione la vicenda affinché i diritti fondamentali di Patrick Zaki non siano in alcun modo violati". Il rettore Francesco Ubertini lancia l'appello: si mobilitino gli atenei della Ue.
L'avvocato: Patrick rischia l'ergastolo
Wael Ghaly, uno dei legali di Zaky, traccia un futuro inquietante: "Non è accusato di terrorismo, ma di un'accusa peggiore: 'rovesciamento del regime al potere', per la quale la pena, secondo la legge, è il carcere a vita". Inoltre la custodia cautelare "può durare fino a due anni, rinnovata ogni 15 giorni, e talvolta tale detenzione può protrarsi per più di due anni", ricorda l'avvocato. E alla domanda su quali siano le prospettive del procedimento a carico dello studente risponde con una nota di ottimismo: "Mi aspetto un cambio di trattamento. In questo processo interverrà la politica a causa di questo interesse senza precedenti dei media. Vedremo nei prossimi giorni".
"Abbiamo soltanto due certezze - continua Ghaly - La prima è che nei suoi confronti è stato emesso un mandato di comparizione il 24 settembre ma nessuno glielo ha comunicato. Per questo è stato fermato alla frontiera. La seconda è che lì è stato bendato e portato da qualche parte al Cairo. E' stato detenuto e interrogato per 30 ore, torturato. Lo picchiavano e gli chiedevano dei suoi legami con l'Italia e con la famiglia di Giulio Regeni. Patrick non sa nulla di tutto questo. Così alla fine lo hanno trasferito qui a Mansura". E anche Marize, la sorella di Patrick, ribadisce: "Abbiamo saputo quel che è successo a Regeni attraverso i social media, come tutti qui in Egitto. A casa ne abbiamo parlato e Patrick si è fatto la stessa domanda di tutti noi: perché è successo? Nulla di più".
Di Maio: dialogo con il Cairo
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio dice che "con l'Egitto dobbiamo parlare"e sottolinea come l'Italia sia "sempre impegnata per il rispetto dei diritti umani". Di Maio afferma che "se si vogliono difendere i diritti umani e si vuole la verità su Giulio Regeni non si può prescindere da una relazione con l'Egitto", che è "cruciale per la stabilità del Mediterraneo". E a proposito del caso di Patrick George Zaky, il ministro sottolinea come l'Italia abbia chiesto di "seguire tutti i passaggi del processo". Di Maio difende la sua linea: "La richiesta di giustizia (per il caso Regeni, ndr) può essere portata avanti solo avendo un ambasciatore lì. Lo stesso vale per l'aiuto che possiamo dare a Patrick Zaky proprio per il fatto che al Cairo l'Italia c'è", ha aggiunto, parlando della possibilità di un nuovo ritiro dell'ambasciatore.
Quanto alla vendita di navi da Fincantieri alla Marina egiziana, il ministro aggiunge che "sulle fregate Fremm il governo non ha preso alcuna decisione. C'è un negoziato in corso tra Fincantieri e il governo egiziano, ma seguiamo con molta attenzione quello che sta avvenendo e nessuna vendita è stata approvata".
Sul caso è intervenuto anche il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, per il quale Zaky deve essere "immediatamente rilasciato e restituito all'affetto dei suoi cari". Sassoli comunica di aver sollevato la questione con l'alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrel. Il caso sarà discusso al prossimo Consiglio Affari esteri in programma per lunedì. "Voglio ricordare alle autorità egiziane che l'Ue condiziona i suoi rapporti con i Paesi terzi al rispetto dei diritti umani e civili - sottolinea Sassoli - come ribadiamo in tutte le nostre risoluzioni".
L'amico: anch'io rapito e torturato
Dopo l'arresto di Zaky, emerge l'agghiacciante testimonianza di un suo amico, un altro ragazzo egiziano. E' quella di Amr, cittadino egiziano 29enne che vive e lavora a Berlino da qualche anno, e che all'Ansa racconta: "Sono stato rapito dalle forze di sicurezza statali" in Egitto "e interrogato per 35 ore", "non ho subito elettrochoc ma sono stato picchiato, bendato e legato. Mi hanno privato del sonno e hanno cercato di distorcere il tempo".
Amr è amico di Patrick George Zaky ed è in prima fila tra coloro che in tutta Europa ne stanno chiedendo la liberazione. Il giovane esprime il suo terrore e preoccupazione, e alla domanda se gli egiziani abbiano paura di essere spiati e controllati dalle forze di sicurezza egiziane anche all'estero risponde senza dubbi: "Assolutamente sì". E racconta: "Ci sono state tante storie su questo in passato, una volta ho incontrato un ricercatore che stava scrivendo una tesi di master proprio su questo argomento".
I Regeni: conosciamo quella ferocia
"Stiamo seguendo con attenzione e apprensione l'arresto al Cairo dello studente egiziano Patrick George Zaky - affermano in una nota Paola e Claudio Regeni e il loro legale, Alessandra Ballerini - Patrick, come Giulio, è un brillante studente internazionale e ha cuore i diritti inviolabili delle persone. I governi democratici dovrebbero preservare e coltivare la crescita di questi nostri giovani impegnati e studiosi e dovrebbero tutelarne in ogni frangente l'incolumità". E aggiungono: "Siamo empaticamente vicini ai familiari e agli amici di Patrick George Zaky dei quali comprendiamo l'angoscia e il dolore. Noi sappiamo di cosa è capace la paranoica ferocia egiziana: sparizioni forzate, arresti arbitrari, torture, confessioni inverosimili estorte con la violenza, depistaggi, minacce. Il tutto con la complicità ipocrita di governi e istituzioni che non voglio rompere l'amicizia con questo Paese".
Poi un invito: "Speriamo che le istituzioni italiane ed europee sappiano questa volta trovare gli strumenti per salvare la vita e l'incolumità di questo giovane ricercatore internazionale, senza far più passare neppure un'ora. Se si vuole veramente salvare la vita di questo ragazzo occorre che i Paesi che si professano democratici abbiano la forza e la dignità di dichiarare l'Egitto paese non sicuro e richiamare immediatamente i propri ambasciatori. Il resto sono solo prese in giro. Patrick, come Giulio, merita onestà e determinazione, non chiacchiere imbarazzanti e oltraggiose".
Il murales con Zaki e Regeni a Roma
Ieri a Roma, in via Salaria, sul muro che circonda Villa Ada, a pochi passi dell'Ambasciata d'Egitto, è apparsa l'ultima opera della Street Artist Laika che ritrae Giulio Regeni che abbraccia lo studente arrestato in Egitto Zaki, con indosso una divisa da carcerato. Davanti alle due figure campeggia la parola 'Libertà' scritta in lingua araba. Nell`opera, Regeni rassicura Zaki, dicendogli: "Stavolta andrà tutto bene".