Mercoledì 11 Settembre 2024

Strage nel campo profughi. Le bombe israeliane sulla tendopoli: 19 morti: "Era una base di Hamas"

Raid a Khan Yunis. Il procuratore dell’Aja chiede l’arresto "urgente" di Netanyahu. Diffuse le immagini dei tunnel di Rafah dove erano stati trovati morti sei prigionieri. Tel Aviv propone a Sinwar un salvacondotto fuori da Gaza in cambio degli ostaggi.

Strage nel campo profughi. Le bombe israeliane sulla tendopoli: 19 morti: "Era una base di Hamas"

Le lacrime del padre di un bimbo palestinese, ucciso dal raid israeliano

di Aldo Baquis

TEL AVIV

Decine di palestinesi sono rimasti uccisi o feriti ieri in una ‘Area umanitaria’ nel sud di Gaza in un attacco aereo diretto contro quello che un portavoce militare ha poi descritto come un centro di Comando e controllo dell’intelligence di Hamas "dissimulato fra la popolazione civile". Era notte fonda nella ‘Zona umanitaria’ di Mowasi (a ovest della città di Khan Yunis) quando all’improvviso – secondo le testimonianze dei sopravvissuti – dal cielo sono piovute tre bombe, sganciate da aerei israeliani da combattimento, che hanno "polverizzato una ventina di tende" erette ai bordi di un palmeto. Sul terreno sono rimasti tre crateri profondi 10-15 metri. Nella oscurità i soccorritori hanno scavato disperatamente per ore nella sabbia, con pale e con le mani, per estrarre i corpi delle vittime.

"Almeno 40 morti", ha stabilito a caldo Hamas. In seguito il Ministero palestinese della sanità ha aggiornato a 19 il numero complessivo dei morti accertati ed in diverse decine i feriti.

Come in casi analoghi in passato Israele ha accusato a sua volta Hamas di aver fornito cifre infondate. In quell’attacco, ha spiegato il portavoce militare, sono stati eliminati tre responsabili militari di Hamas ("tutti coinvolti nelle stragi del 7 ottobre"), fra cui il comandante delle forze aeree. Per limitare al massimo danni collaterali, ha aggiunto, sono state utilizzate "munizioni precise". "Ma l’organizzazione terroristica Hamas – ha affermato – nasconde le proprie infrastrutture militari anche nell’’Area umanitaria’, utilizzando i civili come scudi umani". Ciò nonostante le immagini giunte dall’ospedale Nasser di Khan Yunis erano egualmente crude ed agghiaccianti: includevano anche i cadaveri di almeno due bambini. Intanto il procuratore della Corte penale dell’Aja chiede con "massima urgenza" l’arresto per Netanyahu e Gallant. La replica: "Vergogna morale".

In questa guerra in cui gli episodi di efferatezza hanno assunto un carattere quasi quotidiano ieri sono state divulgate anche le immagini del tunnel di Rafah dove sono stati "sepolti vivi" sei ostaggi israeliani, passati per le armi una settimana fa dai loro guardiani di Hamas nel timore che una unità dell’esercito che operava nelle vicinanze stesse per liberarli. I corpi dei sei prigionieri sono stati estratti da un tunnel angusto, caldo e umido, dove non era possibile stare in piedi. Senza condizioni igieniche minime e con scarsità di cibo i sei erano tuttavia riusciti a sopravvivere per mesi: almeno quattro di loro avrebbero dovuto essere liberati il mese scorso, se fosse stato raggiunto un accordo per una tregua. Ieri Israele ha proposto al leader di Hamas, Yahya Sinwar, un salvacondotto per uscire da Gaza in cambio del rilascio degli ostaggi e della rinuncia da parte dell’organizzazione al controllo sulla Striscia.

Dopo undici mesi la guerra fra Israele e Hamas continua ad inasprirsi e sempre più spesso si estende a macchia d’olio anche altrove. Innanzitutto il Libano, dove ieri Israele ha eliminato un dirigente di Hezbollah, i quali hanno reagito tempestando di razzi la Alta Galilea. Intensa attività anche in Siria, con una fitta serie di bombardamenti israeliani contro il ‘Centro di ricerca scientifica’ di Masyaf, presso Hama, dove esperti iraniani erano impegnati nel perfezionamento di missili ad alta precisione e di droni (26 morti). E situazione incandescente anche in Cisgiordania dove le fazioni armate palestinesi sono impegnate in un crescendo di attacchi e dove, secondo lo Shin Bet (sicurezza interna), presto potrebbe presto esplodere una nuova ‘intifada’, ossia una sollevazione generale.