Venerdì 21 Febbraio 2025
PAOLO PELLEGRINI
Esteri

"Non voglio la stella". E fa causa alla Michelin

Lo chef Eo Yun-gwon, alfiere della cucina italiana in Corea, attacca: la guida pensa solo ai soldi, non ha rispetto per il nostro lavoro

Eo Yun-gwon, 49 anni, è uno dei principali interpreti della cucina italiana in Corea

Roma, 26 novembre 2019 - "Momenti fantastici, indescrivibili". Sorride con la moglie Elisa e un amico, il giovane chef senese Senio Venturi, avvinghiato nella foto sui social a un Omino Michelin a grandezza naturale: il suo piccolo ristorante della campagna chiantigiana ha appena toccato il cielo con un dito, la prima stella Michelin. E pensare che, a 10mila chilometri di distanza, in Corea, un altro ‘italiano’ invece fa fuoco e fiamme e perfino carta bollata per tirarsene fuori: "Ho chiesto chiaramente di non esserci ma loro lo hanno fatto lo stesso a loro piacimento". ‘Loro’ sono quelli della Rossa, ovviamente, e lui li definisce "un fantasma, non rispondono nemmeno a un telefono". 

Lui è Eo Yun-gwon, di professione chef, ‘italiano’ tra virgolette perché si è formato a Milano, nelle cucine del Four Seasons, poi è tornato in patria e ha aperto Eo, ristorante di cucina italiana contemporanea. Che alla Michelin era piaciuto da subito: in guida nel 2016, prima stella nel 2017, conferma l’anno dopo. Poi quest’anno la caduta degli dèi. Il macaron sparisce, tanto che qualcuno sospetta: vuoi vedere che mette su ‘sto putiferio perché gliel’hanno tolta? In realtà Eo aveva già provato a rifiutare il riconoscimento nel 2017, e comunque la sua rabbia, sfociata nella denuncia legale, suona di tutt’altro tenore e stampo: "Molti ristoratori sprecano soldi, anima e tempo per perseguire il miraggio di una stella, ma la Guida è accecata dal denaro e manca di una filosofia", dice per far capire che "inseriscono forzatamente i locali contro la loro volontà, qui ci sono migliaia di ristoranti dello stesso livello o migliori e più onesti, ed è curioso che solo 170 rappresentino Seul". Dove, per la cronaca, i locali sono in tutto 112.738.

E intanto lui fa causa, anche se perfino gli avvocati ci sperano poco. Ma comunque non sarebbe il primo a rimandare le stelle al mittente. Solo a scorrere l’elenco a ritroso ci si trovano anche tanti tristellati: l’ultimo nel 2017 Sebastien Bras, prima Olivier Roellinger nel 2008 e Antoine Westermann nel 2006. E pure in Italia gli esempi sono illustri. Il più eclatante lo chef filosofo Gualtiero Marchesi, nel 2008 rinunciò spiegando: "I miei piatti sono come composizioni, bisogna capirne la storia, i giudizi troppo spesso sono basati su gusti personali e poco sulla capacità di cogliere le sfumature". Nel 2015 il ‘no, grazie’ di Mauro Belotti ad Alessandria: la stella significava alzare i prezzi, i clienti scappavano.

Già, perché le stelle cambiano la vita. E non in meglio. C’è un ritmo da reggere, ci sono tempi sempre più pesanti da sopportare, con l’avvento dei social e il dilagare dei gastrocritici da tastiera c’è una pressione spasmodica, tutti sanno tutto di te, tutti fanno confronti. Quello dello chef è il nono mestiere più stressante al mondo, testimoniava due anni fa una ricerca di Harvard e Stanford. E il californiano Daniel Patterson ha ammesso che "il 95% degli chef è depresso". A livelli micidiali.

Le stelle diventano male di vivere, perderle un’onta che può ribaltare il cervello: "Sono esausto, non dormo, mangio poco, piango, mi sento male, ho desiderato di raggiungere il mio amico Bernard", ha ammesso Marc Veyrat, privato di una delle tre stelle conquistate un anno fa. Bernard, per capirsi, era Loiseau, suicida nel 2003 come Pierre Jaubert per aver perso stelle. E come Benoit Violier, che si è tolto la vita quando la critica lo definiva "il miglior cuoco del mondo". O Joseph Cerniglia e Anthony Bourdain, che si è ammazzato un anno fa all’apice del successo. E da noi le morti tragiche di Franco Colombani della Locanda del Sole di Maleo, di Sauro Brunicardi della Mora in provincia di Lucca e del gettonatissimo ‘chef pescatore’ Luciano Zazzeri di Marina di Bibbona, appena 8 mesi fa.