Via da Gaza, almeno temporaneamente. Non è una ritirata definitiva ma qualcosa di simile ad una pausa operativa per dare riposo alle truppe dopo sei mesi esatti di guerra. Una mossa che costituisce anche un segnale diplomatico, quella decisa del gabinetto di guerra israeliano su richiesta di Idf, le forze armate con la stella di David. Sabato sera è stata ritirata da Khan Younis, nella parte meridionale di Gaza, la 98° divisione paracadutisti: l’ultima a ripiegare è stata la sua settima brigata corazzata.
Restano, attestate lungo il corridoio Netzarim (un’arteria lunga 6.5 chilometri perpendicolare alla linea di costa che va dal mare al confine israeliano, poco a sud di Gaza City) alcune unità della 162esima divisione israeliana. Si tratta dell’intera brigata Nahal e di due battaglioni corazzati della 401° brigata. Il loro compito è separare il nord dal sud della Striscia. "Una forza significativa – ha commentato Idf – continua ad operare nella Striscia di Gaza con libertà di azione dell’Idf e capacità di condurre precise operazioni basate sull`intelligence".
Quello che è importante capire è che non si tratta di un ritiro definitivo e che non significa che l’ipotesi di un attacco a Rafah sia stata accantonata. "Siamo determinati alla vittoria completa per il rilascio di tutti i nostri rapiti, per completare l’eliminazione di Hamas nell’intera Striscia di Gaza, compresa Rafah, e garantire che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele" ha affermato ieri il premier israeliano Benyamin Netanyahu. "Ho detto chiaramente alla comunità internazionale: non ci sarà cessate il fuoco senza il ritorno degli ostaggi. Questa – ha aggiunto – è la politica del governo israeliano. Non è Israele a impedire un accordo, ma Hamas. Le sue richieste estreme hanno lo scopo di porre fine alla guerra e mantenere una capacità militare. Questo non accadrà. Se Israele è pronto per un accordo, Israele non è pronto ad arrendersi". E se la Casa Bianca fa filtrare frustrazione, secondo fonti israeliane la telefonata di giovedì tra Biden e Netanyahu sarebbe stata molto dura e in essa Biden avrebbe ventilato una riduzione degli aiuti se non ci fosse stata una svolta. Anche per questo (ma Idf lo nega) ieri si è arrivati al ritiro da Gaza Sud, dopo la riapertura agli aiuti per la striscia del valico di Herez e del porto di Ashdod.
Tra oggi e domani potrebbero esserci ulteriori novità. Il gabinetto di guerra israeliano ha infatti dato un ampio mandato alla delegazione che da ieri sera partecipa al nuovo round negoziale al Cairo. Obiettivo, una pausa umanitaria che potrebbe concretizzarsi tra martedì e venerdì, durante le celebrazioni dell’Eid al Fitr, che scatta domani sera, e che segnano la fine del Ramadan. Nessuno sa quanti ostaggi potrebbero essere liberati e quanto durerebbe la tregua. Ma non avere (quasi) più truppe israeliane sul terreno, aiuterà il negoziato, per il quale si sta muovendo anche il Vaticano, con il ministro degli Esteri Israel Katz, ieri a Roma, dove ha incontrato l’omologo Antonio Tajani. "Ho ribadito al ministro Katz – ha commentato Tajani al termine dell’incontro –la posizione italiana di un cessate il fuoco e di sospendere la decisione di attaccare Rafah. Sul cessate il fuoco Israele ribadisce che se c’è la consegna e la liberazione degli ostaggi, c’è anche il cessate il fuoco". Oggi Katz vedrà il segretario di Stato vaticano mentre il Papa incontrerà una delegazione di familiari di ostaggi.