Venerdì 22 Novembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

La rivolta per i soldati arrestati in Israele: "Deputati dell’ultradestra dietro gli assalti alle basi"

Sdegno nel Paese: “E’ l’anarchia. Le sommosse per liberare i militari sono la nostra Capitol Hill”. I nove riservisti sono stati accusati di abusi e torture su un miliziano detenuto

Soldati e polizia israeliani si scontrano con manifestanti di destra, dopo che questi hanno fatto irruzione nella base di Bayt Lid

Soldati e polizia israeliani si scontrano con manifestanti di destra, dopo che questi hanno fatto irruzione nella base di Bayt Lid (Afp)

Tel Aviv, 31 luglio 2024 – “Anarchia” . "Caos". "Ci stiamo disintegrando". Con questi titoli i giornali israeliani hanno commentato gli eventi traumatici di lunedì quando centinaia di facinorosi – fra cui anche due ministri di estrema destra e diversi deputati, anche del Likud – hanno fatto irruzione in due basi dell’esercito per impedire l’arresto da parte della polizia militare di nove riservisti sospettati di aver seviziato e di aver abusato sessualmente di un miliziano di Hamas. I disordini, culminati con l’occupazione della Corte Marziale di Beit Lid (Natanya) e accompagnati da gravi intimidazioni ai giornalisti televisivi, sono durati ore e la polizia è rimasta generalmente passiva.

Il ministro della difesa Yoav Gallant ha chiesto che si faccia luce sul comportamento del ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, che è responsabile della polizia. Questi ha replicato chiedendo il licenziamento di Gallant. Netanyahu ha poi minimizzato la gravità dell’irruzione nelle basi dell’esercito, mettendole sullo stesso piano delle ostruzioni stradali durante manifestazioni della sinistra. Diversamente dal premier, il Paese è invece molto scosso. "Beit Lid è stato il nostro 6 gennaio" ha stabilito un editorialista della televisione pubblica Kan, riferendosi all’assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Donald Trump. "Siamo sull’orlo del baratro, anzi già dentro un baratro" ha commentato il capo della opposizione Yair Lapid. "Tutte le linee rosse sono state oltrepassate. Deputati e ministri hanno partecipato ad irruzioni condotte da milizie violente che vogliono la fine della democrazia e dello Stato di diritto. Un gruppo fascista pericoloso minaccia la esistenza di Israele. È quanto di meglio poteva accadere a Sinwar (Hamas) e a Nasrallah (Hezbollah)".

Alcuni giorni prima delle irruzioni l’ex capo di Stato Reuven Rivlin (esponente della ormai disciolta ‘corrente liberale’ nel Likud) aveva espresso angoscia per il deterioramento del quadro politico. Aveva denunciato che i 64 deputati della maggioranza parlamentare della coalizione di estrema destra di Netanyahu (su 120 deputati) vorrebbero cancellare le linee di separazione fra l’esecutivo, il parlamento e il potere giudiziario. "Pensano di poter fare quello che vogliono solo perché hanno la maggioranza. Siamo sulla soglia di una campagna che potrebbe significare l’annullamento della democrazia. Almeno di quella ‘democrazia liberale’, concepita dal teorico della destra sionista Zeev Jabotinsky".

Analoghe apprensioni sono giunte la settimana scorsa dalla professoressa Suzy Navot, una ricercatrice dell’Istituto israeliano della democrazia (Idi). "Ai margini della guerra – ha affermato – mentre in giro c’è già così tanta angoscia, la nostra democrazia soffre di una erosione continua". Ha citato il ministro della giustizia Yariv Levin, il dirigente del Likud che nel gennaio 2023 lanciò una riforma giudiziaria volta ad estendere i margini di manovra dell’esecutivo. Da allora, secondo Navot, Levin blocca sistematicamente alla Corte Suprema la nomina di un nuovo presidente e di nuovi giudici "a lui sgraditi". Navot ha anche denunciato i continui attacchi del governo al Procuratore generale Gali Baharav-Miara (definita da un ministro del Likud "la persona più pericolosa di Israele"). Navot si è detta inoltre allarmata per il rischio "già oggi tangibile" che sotto Ben Gvir la polizia israeliana diventi supina rispetto al potere politico, e non più al servizio di tutti i cittadini. Il quotidiano economico Calcalist ha invece denunciato iniziative del governo per limitare la libertà di espressione nel mondo accademico e per influenzare direttamente i mezzi di comunicazione, garantendo sostegni particolari a quelli ritenuti filo-governativi.