Roma, 9 dicembre 2024 – Nelle ore seguite alla caduta di Damasco nelle mani dei ribelli è scattata una caccia sistematica agli esponenti e ad alti funzionari del deposto regime del Baath.
Fra i primi a vedere arrivare di prima mattina nella propria residenza i miliziani armati è stato il premier Muhammad al-Jalali. Poi c’è stata un’irruzione nella sede centrale degli archivi dei servizi segreti, dove erano custodite ‘in stile sovietico’ minuziose schedature di migliaia di semplici cittadini: i rivoltosi erano certi di poter recuperare lì informazioni preziose per dare la caccia a chi per anni li aveva oppressi. Quindi è stata la volta delle ambasciate, che hanno visto entrare miliziani alla ricerca di esponenti di regime che potevano aver cercato riparo. Prima è stata sorpresa l’ambasciata dell’Iraq, poi quella dell’Iran. I ribelli hanno rivolto la propria attenzione anche alla sede diplomatica dell’Italia.
“Un gruppo armato – ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani – è entrato nel giardino della residenza dell’ambasciatore d’Italia. Non c’è stata violenza nei confronti né dell’ambasciatore né dei carabinieri. Hanno portato via tre auto e tutto è finito lì. Sono stati per qualche tempo nel giardino: evidentemente volevano verificare se c’erano militari di Assad o se c’era una documentazione particolare”. Al tempo stesso i miliziani compivano ispezioni analoghe negli uffici di alcune Ong, per verificare la presenza di dirigenti di regime in fuga.
Durante i momenti di incertezza il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha anche valutato la possibilità di una “esfiltrazione del personale italiano dalla Siria qualora la situazione dovesse degenerare ulteriormente e diventare oltremodo pericolosa e caotica”. Poi da Tajani sono giunti aggiornamenti più tranquillizzanti: “Quindici nostri connazionali hanno passato la frontiera col Libano e si trovano a Beirut in alcuni conventi. Non ci sono altri cittadini italiani che chiedono di lasciare il Paese. Il consiglio che ha dato l’ambasciata è di rimanere a casa”. Nella zona di Aleppo, ha aggiunto, “la situazione è stabile”. Tajani ha avuto un colloquio telefonico col ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, al quale è stata ribadita la richiesta di garantire l’incolumità dei cittadini italiani, la tutela dei cristiani e delle altre minoranze.